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Pietro Metastasio
Didone abbandonata

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Scena quinta - Araspe, Iarba, Didone, Osmida

 

ARASPE (Vedi, mio re...

IARBA T'accheta.

Finché dura l'inganno,

chiamami Arbace, e non pensare al trono:

per ora io non son Iarba, e re non sono).

Didone, il re de' Mori

a te de' cenni suoi

me suo fedele apportator destina.

Io te l'offro qual vuoi,

tuo sostegno in un punto, o tua ruina.

Queste, che miri intanto,

spoglie, gemme, tesori, uomini e fere,

che l'Africa soggetta a lui produce,

pegni di sua grandezza in don t'invia.

Nel dono impara il donator qual sia.

DID. Mentre io ne accetto il dono

larga mercede il tuo signor riceve.

Ma s'ei non è più saggio,

quel, ch'ora è don, può divenire omaggio.

(Come altiero è costui!) Siedi e favella.

ARA. (Qual ti sembra, o signor?)

IARBA (Superba e bella).

Ti rammenta, o Didone,

qual da Tiro venisti, e qual ti trasse

disperato consiglio a questo lido.

Del tuo germano infido

alle barbare voglie, al genio avaro

ti fu l'Africa sol schermo e riparo.

Fu questo, ove s'inalza

la superba Cartago, ampio terreno,

dono del mio signore, e fu...

DID. Col dono

la vendita confondi...

IARBA Lascia pria ch'io favelli, e poi rispondi.

DID. (Che ardir!)

OSM. (Soffri).

IARBA Cortese

Iarba il mio re le nozze tue richiese:

tu ricusasti: ei ne soffrì l'oltraggio,

perché giurasti allora

che al cener di Sicheo fede serbavi.

Or sa l'Africa tutta

che dall'Asia distrutta Enea qui venne:

sa che tu l'accogliesti; e sa che l'ami:

soffrirà che venga

a contrastar gli amori

un avanzo di Troia al re de' Mori.

DID. E gli amori e gli sdegni

fian del pari infecondi.

IARBA Lascia pria ch'io finisca, e poi rispondi.

Generoso il mio re di guerra in vece,

t'offre pace se vuoi:

e in ammenda del fallo

brama gli affetti tuoi, chiede il tuo letto,

vuol la testa d'Enea.

DID. Dicesti?

IARBA Ho detto.

DID. Dalla reggia di Tiro

io venni a queste arene

libertade cercando e non catene.

Prezzo de' miei tesori,

e non già del tuo re Cartago è dono.

La mia destra, il mio core

quando a Iarba negai,

d'esser fida allo sposo allor pensai.

Or più quella non son...

IARBA Se non sei quella...

DID. Lascia pria ch'io risponda, e poi favella.

Or più quella non son. Variano i saggi

a seconda de' casi i lor pensieri.

Enea piace al mio cor, giova al mio trono,

e mio sposo sarà.

IARBA Ma la sua testa...

DID. Non è facil trionfo; anzi potrebbe

costar molti sudori

questo avanzo di Troia al re de' Mori.

IARBA Se il mio signore irrìti,

verranno a farti guerra

quanti Getuli e quanti

Numidi e Garamanti Africa serra.

DID. Purché sia meco Enea, non mi confondo.

Vengano a questi lidi

Garamanti, Numidi, Africa e il mondo.

IARBA Dunque dirò...

DID. Dirai

che amoroso nol curo,

che nol temo sdegnato.

IARBA Pensa meglio, o Didone.

DID. Ho già pensato.

Son regina e sono amante;

e l'impero io sola voglio

del mio soglio e del mio cor.

Darmi legge in van pretende

chi l'arbitrio a me contende

della gloria e dell'amor.

 




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