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Pietro Metastasio Didone abbandonata IntraText CT - Lettura del testo |
Per me serban gli dei sì bella vita.
DID. Ancora
forse della mia fede incerto stai?
son le sventure mie. Vuole il destino...
DID. Chiari i tuoi sensi esponi.
ENEA Vuol... (mi sento morir) ch'io t'abbandoni.
l'ombra del genitor, la patria, il Cielo,
la promessa, il dover, l'onor, la fama
alle sponde d'Italia oggi mi chiama.
pur troppo degli dei mosse lo sdegno.
perfido, mi celasti il tuo disegno?
DID. Che pietà? Mendace il labbro
come lunge da me volgere il piede!
A chi, misera me! darò più fede?
io l'accolgo dal lido; io lo ristoro
dalle ingiurie del mar: le navi e l'armi
già disperse io gli rendo; e gli do loco
nel mio cor, nel mio regno; e questo è poco.
Di cento re per lui,
ricusando l'amor, gli sdegni irrìto:
ecco poi la mercede.
A chi, misera me! darò più fede?
ENEA Fin ch'io viva, o Didone,
dolce memoria al mio pensier sarai:
né partirei giammai,
se per voler de' numi io non dovessi
consacrare il mio affanno
altra cura gli dei che il tuo destino.
che si renda spergiuro un infelice.
dell'impero del mondo a' figli tuoi.
cerca d'Italia il regno: all'onde, ai venti
confida pur la speme tua; ma senti.
Farà quell'onde istesse
delle vendette mie ministre il Cielo:
d'aver creduto all'elemento insano,
richiamerai la tua Didone in vano.
non hai ragion di condannarmi.
un core abbandonato
se la provaste mai,
ditelo voi per me!
se in premio un tradimento
io meritai da te.
E qual sarà tormento,
se questo mio non è?