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Pietro Metastasio Didone abbandonata IntraText CT - Lettura del testo |
IARBA Didone, a che mi chiedi?
dall'ira tua, da tue minacce oppresso.
Non si cangia il mio cor; sempre è l'istesso.
il tuo sdegno, o signor. Tu, col tacermi
a gran rischio esponesti il tuo decoro.
Ed io... Ma qui t'assidi,
ENEA Permettimi che ormai...
Troppo lunghe non fian le tue dimore.
(Resister non potrà).
Iarba soggiorna, ha da partir costui.
DID. In lui
in vece d'un rival trovi un amico.
Ei sempre a tuo favore
meco parlò: per suo consiglio io t'amo.
Se credi menzognero
il labbro mio, dillo tu stesso.
altro merto non v'è che un suo consiglio?
DID. No, Iarba; in te mi piace
quel regio ardir, che ti conosco in volto:
sprezzator de' perigli e della morte.
conosci il tuo dover. Ma pure io voglio
tutti alla tua beltà.
A più gradito laccio Amor pietoso
stringer non mi potea.
quanto fin or soffrì la mia costanza?
ENEA Che tacer? Tacqui abbastanza.
tutto faccio per te; che più vorresti?
Ch'io ti vedessi ancor fra le sue braccia?
Dimmi che mi vuoi morto, e non ch'io taccia.
io sono il traditor, son io l'ingrato;
tu sei quella fedele,
che per me perderebbe e vita e soglio:
ma tanta fedeltà veder non voglio.