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Pietro Metastasio
Didone abbandonata

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Scena dodicesima - Iarba, Enea, Didone

 

IARBA Didone, a che mi chiedi?

Sei folle, se mi credi

dall'ira tua, da tue minacce oppresso.

Non si cangia il mio cor; sempre è l'istesso.

ENEA (Che arroganza!)

DID. Deh placa

il tuo sdegno, o signor. Tu, col tacermi

il tuo grado e il tuo nome,

a gran rischio esponesti il tuo decoro.

Ed io... Ma qui t'assidi,

e con placido volto

ascolta i sensi miei.

IARBA Parla, t'ascolto.

ENEA Permettimi che ormai...

DID. Fermati e siedi.

Troppo lunghe non fian le tue dimore.

(Resister non potrà).

ENEA (Costanza, o core).

IARBA Eh vada. Allor che teco

Iarba soggiorna, ha da partir costui.

ENEA (Ed io lo soffro?)

DID. In lui

in vece d'un rival trovi un amico.

Ei sempre a tuo favore

meco parlò: per suo consiglio io t'amo.

Se credi menzognero

il labbro mio, dillo tu stesso.

ENEA È vero.

IARBA Dunque nel re de' Mori

altro merto non v'è che un suo consiglio?

DID. No, Iarba; in te mi piace

quel regio ardir, che ti conosco in volto:

amo quel corforte,

sprezzator de' perigli e della morte.

E se il Ciel mi destina

tua compagna e tua sposa...

ENEA Addio, regina.

Basta che fin ad ora

t'abbia ubbidito Enea.

DID. Non basta ancora.

Siedi per un momento.

(Comincia a vacillar).

ENEA (Questo è tormento!)

IARBA Troppo tardi, o Didone,

conosci il tuo dover. Ma pure io voglio

donar gli oltraggi miei

tutti alla tua beltà.

ENEA (Che pena, o dei!)

IARBA In pegno di tua fede

dammi dunque la destra.

DID. Io son contenta.

A più gradito laccio Amor pietoso

stringer non mi potea.

ENEA Più soffrir non si può.

DID. Qual ira, Enea?

ENEA E che vuoi? Non ti basta

quanto fin or soffrì la mia costanza?

DID. Eh taci.

ENEA Che tacer? Tacqui abbastanza.

Vuoi darti al mio rivale,

brami ch'io tel consigli;

tutto faccio per te; che più vorresti?

Ch'io ti vedessi ancor fra le sue braccia?

Dimmi che mi vuoi morto, e non ch'io taccia.

DID. Odi. A torto ti sdegni.

Sai che per ubbidirti...

ENEA Intendo, intendo;

io sono il traditor, son io l'ingrato;

tu sei quella fedele,

che per me perderebbe e vita e soglio:

ma tanta fedeltà veder non voglio.

 




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