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Pietro Metastasio Ezio IntraText CT - Lettura del testo |
Ezio, Massimo e poi Fulvia con paggi ed alcuni schiavi.
MASS. |
Alla gloria e al dover: qualche momento |
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M’è l’amor tuo de’ miei trionfi al paro. Che fa? Dov’è? Quando ciascun s’affretta Su le mie pompe ad appagar le ciglia, La tua figlia non viene? |
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MASS. |
Ecco la figlia. |
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Cara, di te più degno (a Fulvia, nell’uscire) Torna il tuo sposo, e al volto tuo gran parte Deve de’ suoi trofei. Fra l’armi e l’ire Mi fu sprone egualmente E la gloria e l’amor: né vinto avrei, Erano solo i trionfali allori. Ti veggo impallidir! Dopo la nostra Lontananza crudel, così m’accogli? Mi consoli così? |
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(Che pena!) Io vengo... Signor... |
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Tanto rispetto, Fulvia, con me! Perché non dir «mio fido»? Perché «sposo» non dirmi? Ah! tu non sei Per me quella che fosti. |
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FUL. |
Oh Dio! son quella; |
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MASS. |
Perché co’ nostri mali a te non volli Le gioie avvelenar. Si vive, amico, Sotto un giogo crudel. Anche i pensieri Imparano a servir. La tua vittoria, Ezio, ci toglie alle straniere offese: Le domestiche accresce. Era il timore In qualche parte almeno |
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Io tal nol credo. Almeno La tirannide sua mi fu nascosa. Che pretende? Che vuol? |
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MASS. |
Vuol la tua sposa. |
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FUL. |
Aimè! |
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MASS. |
Qual arte, Qual consiglio adoprar? Vuoi che l’esponga, D’un tiranno al piacer? Vuoi che su l’orme L’esempio in lei della tragedia antica? Ah! tu solo potresti Vendicare i tuoi torti. Arbitro sei Del popolo e dell’armi. A Roma oppressa. |
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Vince la tua virtù. Giudice ingiusto Delle cose è il dolor. Sono i monarchi Di loro è il Cielo. Ogni altra via si tenti, Ma non l’infedeltade. |
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MASS. |
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FUL. |
Ezio così tranquillo |
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Tu sei pur d’ogni laccio |
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FUL. |
Temo per te. |
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MASS. |
Il vostro amore |
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Questo è l’errore. Cesare non ha colpa. Al nome mio Avria cangiato affetto. Egli conosce Quanto mi deve, e sa ch’opra da saggio L’irritarmi non è. |
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FUL. |
Tanto ti fidi? Mi turban l’alma. È troppo amante Augusto: Troppo ardente tu sei. Rifletti, oh Dio! Pria di parlar. Qualche funesto evento Mi presagisce il cor. Nacqui infelice, |
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Son vincitor, sai che t’adoro, e piangi?
Ogni altra cura a me. No, così vil non sono, E meco ingrato tanto |