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Pietro Metastasio
Ezio

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SCENA QUARTA

 

Massimo e Fulvia

 

FUL.

È tempo, o genitore,

Che uno sfogo conceda al mio rispetto.

Tu pria d’Ezio all’affetto

Prometti la mia destra; indi m’imponi

Ch’io soffra, ch’io lusinghi

Di Cesare l’amore; e m’assicuri

Che di lui non sarò. Servo al tuo cenno,

Credo alla tua promessa; e, quando spero

D’Ezio stringer la mano,

Ti sento dir che lo sperarlo è vano.

MASS.

Io d’ingannarti, o figlia,

Mai non ebbi il pensier. T’accheta. Al fine,

Non è il peggior de’ mali

Il talamo d’Augusto.

FUL.

E soffrirai

Ch’abbia sposa la figlia

Chi della tua consorte

Insultò l’onestà? Così ti scordi

Le offese dell’onor? Così t’abbagli

Del trono allo splendor?

MASS.

Vieni al mio seno,

Degna parte di me. Quell’odio illustre

Merita ch’io ti scopra

Ciò che dovrei celar. Sappi che ad arte

Dell’onor mio dissimulai le offese.

Perde l’odio palese

Il luogo alla vendetta. Ora è vicina:

Eseguirla dobbiam. Sposa al tiranno,

Tu puoi svenarlo: o almeno

Agio puoi darmi a trapassargli il seno.

FUL.

Che sento! E con qual fronte

Posso a Cesare offrirmi

Coll’idea di tradirlo? Il reo disegno

Mi leggerebbe in faccia. A’ gran delitti

È compagno il timor. L’alma ripiena

Tutta della sua colpa

Teme se stessa. È qualche volta il reo

Felice sì, non mai sicuro. E poi

Vindice di sua morte

Il popolo saria.

MASS.

L’odia ciascuno:

Vano è il timor.

FUL.

T’inganni: il volgo insano

Quel tiranno talora,

Che vivente aborrisce, estinto adora.

MASS.

Tu l’odio mi rammenti, e poi dimostri

Quell’istessa freddezza

Che disapprovi in me!

FUL.

Signor, perdona

Se libera ti parlo. Un tradimento

Io non consiglio, allora

Che una viltà condanno.

MASS.

Io ti credea,

Fulvia, più saggia e men soggetta a questi

Di colpa e di virtù lacci servili,

Utili all’alme vili,

Inutili alle grandi.

FUL.

Ah! non son questi

Que’ semi di virtù, che in me versasti

Da’ miei primi vagiti infino ad ora.

M’inganni adesso o m’ingannasti allora?

MASS.

Ogni diversa etade

Vuol massime diverse. Altro a’ fanciulli,

Altro agli adulti è d’insegnar permesso.

Allora io t’ingannai.

FUL.

M’inganni adesso.

Che l’odio della colpa,

Che l’amor di virtù nasce con noi,

Che da’ principii suoi

L’alma ha l’idea di ciò che nuoce o giova,

Mel dicesti; io lo sento; ognun lo prova.

E, se vuoi dirmi il ver, tu stesso, o padre,

Quando togliermi tenti

L’orror d’un tradimento, orror ne senti.

Ah! se cara io ti sono,

Pensa alla gloria tua, pensa che vai...

MASS.

Taci, importuna. Io t’ho sofferta assai.

Non dar consigli, o, consigliar se brami,

Le tue pari consiglia.

Rammenta ch’io son padre e tu sei figlia.

 

FUL.

Caro padre, a me non déi

Rammentar che padre sei:

Io lo so; ma in questi accenti

Non ritrovo il genitor.

Non son io chi ti consiglia:

È il rispetto d’un regnante,

È l’affetto d’una figlia,

È il rimorso del tuo cor. (parte)

 

 

 




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