Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Pietro Metastasio L'isola disabitata IntraText CT - Lettura del testo |
Silvia frettolosa ed allegra, e detta.
Che avvenne, o Silvia? Onde la gioia?
Io sono
Perché?
La mia
In van per tanti dì pianta e cercata,
Da se stessa è tornata.
E ciò ti rende
Lieta così?
Poco ti pare? È quella
La mia cura, il sai pur, la mia compagna,
La dolce amica mia. M’ama, m’intende,
Mi dorme in sen, mi chiede i baci, è sempre
Dal mio fianco indivisa in ogni loco:
La perdei; la ritrovo; e ti par poco?
Che felice innocenza! (torna al lavoro)
E ho da vederti
E come il ciglio
Mai rasciugar potrei?
Già sette volte e sei
L’anno si rinnovò da che lasciata
Di tutto priva e senza speme, oh Dio!
Di mai tornar su la paterna arena,
Vivo morendo: e tu mi vuoi serena?
Ma per esser felici
Che manca a noi? Qui siam sovrane. È questa
Isoletta ridente il nostro regno;
Sono i sudditi nostri
Le mansuete fiere. A noi produce
La terra, il mar. Dalla stagione ardente
Ci difendon le piante, i cavi sassi
Dalla fredda stagion; né forza o legge
Qui col nostro desio mai non contrasta.
Or di’, che basterà, se ciò non basta?
Ah tu del ben, che ignori,
La mancanza non senti. Atta del labbro
A far uso non eri, o del pensiero,
Quando qui si approdò; né d’altro oggetto
Che di ciò che hai presente
Serbi le tracce in mente. Io, ch’era allora
Quale or tu sei, paragonar ben posso,
Con quel ben che perdei, quel che mi resta.
Le ricchezze, il saper, l’arti, i costumi,
Le delizie europee; ma con tua pace
Questa assai più tranquillità mi piace.
Ma pur le belle
D’uomini son feconde; e questi sono
Nemica a noi. Tu mille volte e mille
Non mi dicesti...
Non tel dissi abbastanza. Empii, crudeli,
Non conoscon, non hanno
Né amor, né fé, né umanità nel seno. (piange)
E ben, da lor qui siam sicure almeno.
Ma... tu piangi di nuovo! Ah no, se m’ami,
Non t’affligger così. Che far poss’io,
Cara, per consolarti? (la prende per mano.)
Brami la mia cervetta? Asciuga il pianto,
E in tuo poter rimanga.
Ah troppo, o Silvia mia, giusto è ch’io pianga.
Dallo sposo abbandonata,
Chi può dir ch’io pianga a torto,
D’ottener l’altrui pietà. (parte)
Alla replica dell’Aria si vede passar di lontano a vele gonfie una nave, dalla quale scendono sul palischermo Gernando ed Enrico in abito indiano che sbarcan poi sul lido.