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Pietro Metastasio L'isola disabitata IntraText CT - Lettura del testo |
Gernando solo affannato, indi Enrico.
Di sue sventure. In van m’affretto; in vano
Cerco, chiamo, m’affanno: un’orma, un segno
Dell’idol mio non trovo. Ov’è l’amico?
Forse ei più fortunato... Enrico... Enrico?
Cerchisi... Oh Dio, non posso: oh Dio, m’opprime
La stanchezza e il dolor! Là su quel sasso
(nell’appressarsi Gernando vede l’iscrizione)
Come! Note europee? Stelle! Il mio nome!
Chi ve l’impresse e quando? (legge)
Costanza abbandonata, i giorni suoi
In questo terminò lido straniero...”
Io manco. (s’appoggia al sasso.)
Ah mi conforta!
GERNANDO (appoggiato al sasso)
Come!
Leggi. (accennando l’iscrizione)
Infelice! (legge piano le prime parole, e poi esclama.)
“I giorni suoi
In questo terminò lido straniero.
Se una tigre non sei
O vendica o compiangi...” Appien compita
L’opra non è.
Non le bastò la vita. (cade piangendo sul sasso)
Oh tragedia funesta! Ah piangi, amico;
Le lagrime son giuste. Io t’accompagno,
T’accompagnano i sassi. Unico in tanto
Dolor, ma gran conforto, è che rimorsi
Almen non hai. Facesti
E la ragione e l’onestà. Non piacque
Al Ciel di secondarti. Or non ti resta
Che piegar, come pio, la fronte umìle
Ai decreti supremi; e, come saggio,
Abbandonar questa crudel contrada.
Abbandonarla! E dove vuoi ch’io vada?
Ove speri ch’io possa
Più riposo trovar! Questo è il soggiorno
Ma che pretendi?
Che il mio ben respirò; di questi oggetti
Questo sasso a baciar; viver penando;
Col suo nome fra’ labbri, a lei vicino.
L’ucciderei,
Se in questo stato io mi mostrassi a lui.
Mi fido di te. Se del mio caso ei chiede,
Raddolcisci narrando il caso mio.
E tu speri ch’io possa...
Io non voglio altro compagno
Ah la mia nella sua pena
Renderebbesi maggior! (parte)