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Pietro Metastasio
L'eroe cinese

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SCENA QUARTA

 

Ulania, poi Lisinga

 

ULA.

Debole Ulania! i tuoi ritegni ha vinto

Al fine amor. Ma sì gran colpa è dunque

Render giustizia alla virtù? Celarmi

Doveva almeno. E di celar l’amore

L’arte dov’è? Fra i più felici ingegni,

Se alcun l’ha ritrovata, ah, me l’insegni!

LIS.

Ulania, e in questo stato (affannata)

La germana abbandoni? Io mai non ebbi

D’aiuto e di consiglio

Maggior bisogno. Ah tu non ami! Avresti

Maggior pietà quando languir mi vedi.

ULA.

Mi fai torto; ho pietà più che non credi.

LIS.

Dunque m’assisti: io non son più capace

Di consigliar me stessa. In un istante

Bramo, ardisco, pavento,

Penso, scelgo, mi pento; e, mentre in mille

Dubbi così m’involvo,

Mi confondo, mi stanco e non risolvo.

ULA.

Odimi. Io nel tuo caso

Tutto in un foglio al padre

Il mio cor scoprirei.

Ei t’ama, e tu non déi

Temer che de’ tuoi giorni il corso intiero

Voglia render funesto.

LIS.

È vero, è vero. (pensa e poi risoluta)

Sì, tu fa che a me venga

Il tartaro messaggio; ed io frattanto

Volo il foglio a vergar. (s’incammina)

ULA.

(fa lo stesso)

Vado.

LIS.

(si ferma irresoluta)

Ah t’arresta!

 

Pria che torni il messaggio

Chi mi difenderà? Vorrà Leango

Obbligarmi a compir...

ULA.

Va dunque a lui;

Parlagli: a tua richiesta

Gl’imenei differisca.

LIS.

Andiamo... E quale (va e s’arresta irresoluta)

Della richiesta mia

Cagione ho da produr? Scoprirmi amante?

È duro il passo. Ah, se un motivo almeno!...

Ma dove è mai Siveno? (impaziente)

Perché non vien?

ULA.

Di comparirti innanzi

Non ha più cor.

LIS.

Dunque il vedesti?

ULA.

Il vidi.

LIS.

Che ti disse? che pensa?

ULA.

Pensa a partir.

LIS.

Stelle! E perché?

ULA.

Paventa

Il suo dolore e il tuo; né vuol più mai

Esporsi...

LIS.

E già partì? (con ansietà)

ULA.

Nol so.

LIS.

(con sdegno)

Nol sai?

 

E questo... Olà! Che tradimento! e questo,

Barbara, mi nascondi! Olà! Siveno (compariscono due Tartari)

Si cerchi, si raggiunga,

Si riconduca a me. (partono i Tartari)

ULA.

Deh! ti consola;

Forse...

LIS.

Lasciami sola: (con sdegno)

Involati al mio sguardo.

ULA.

Oh Dio! Germana...

LIS.

Germana! Ah! questo nome

Non profanar: nemica mia tu sei

La più crudele. A quel tuo cor di sasso

La natura non diede

Senso d’amor, d’umanità, di fede.

ULA.

M’insulti a torto. In tante angustie anch’io

Mi perdo, mi confondo, e rea non sono,

Se tu nol sei. Barbara a me! Per lei

Di me stessa mi scordo; e questa è poi

La mercé che mi dona!

Resta, resta pur sola. (in atto di partire)

LIS.

Ah! no; perdona,

Perdona, Ulania amata;

Mi fece vaneggiar la mia sventura.

Va, m’assisti, procura

Che non parta Siveno. Ah! va; ti muova

Il mio stato, il mio pianto.

ULA.

Vado; ma tu non avvilirti intanto.

 

Quando il mar biancheggia e freme,

Quando il ciel lampeggia e tuona,

Il nocchier che s’abbandona

Va sicuro a naufragar.

Tutte l’onde son funeste

A chi manca ardire e speme;

E si vincon le tempeste

Col saperle tollerar. (parte)

 

 

 




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