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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
3 - A FRANCESCO D'AGUIRRE - TORINO
Non ascriva V. S. illustrissima a mia dimenticanza o trascuraggine l'aver fino ad ora differito l'ufficio da me particolarmente dovutole nell'occasione delle presenti solennità e del principio del nuovo anno, avendo io ciò fatto a bello studio per rendermi in tal forma distinto dalla numerosa serie degli altri suoi servitori, siccome lo sono per venerazione, per stima e per affetto, fin dall'età puerile. Augurandole adunque adesso ogni piena felicità così in queste S.S. Feste come nel nuovo anno, ed in molti altri insieme, espongo a V. S. illustrissima sotto gli occhi quel desiderio che in ogni tempo nudrisco della sua prosperità, e l'assicuro che fra gl'infiniti che ne avrà ricevuti, questo augurio ch'io faccio è il più sincero ed il più appassionato.
I miei domestici interessi mi trasportarono, già molti mesi sono in Napoli, e mi ci ritenne poi la considerazione del pertinace odio che ancor si conserva in Roma non meno al nome che alla scuola tutta dell'abate Gravina, beata memoria, mio venerato Maestro. Qual odio, se non in tutto almeno in parte, si è trasfuso, e come discepolo eletto e come erede, sovra di me. Ed ancorché possa io con le mie rendite onestamente vivere in Roma, ho stimato prudente risoluzione il vivere lontano per non vivere fra nemici. Confesso però con tutta l'ingenuità che mi riesce più noioso questo soggiorno perché la rozzezza del paese, cagionata dalla mancanza della Corte, è così contraria al commercio civile, che malagevolmente un onest'uomo, educato in una città dominante, può assuefarvisi. Felice V. S. illustrissima che ha avuta la sorte d'incontrarsi in un principe che sa così bene conoscere ed esaltare il suo merito, così rara cosa ad incontrarsi presentemente. Le giuro su l'onor mio, ch'io sono così innamorato di codesto re, fin da quando ella ritornando in Roma me ne fece quel vivo ritratto, che tutte le mie meditazioni sono sempre state dirette a rendermi possibile il vantaggio di vederlo prima ch'io muoia. Poté bene la mia disavventura troncarmi nella morte del mio maestro la vicina speranza, già da me concepita, di adempiere allora questa brama, ma non fu già valevole ad iscemare un punto del mio desiderio; anzi tanto più mi si accrebbe, quanto era stato più vicino il conseguimento. La mia toleranza in questo paese non so quanto sia per durare, onde è certo che volendo io esentarmi di qui, e non potendo sperare in Roma alcun incamminamento fin che dura questo vento, passerò ultra montes, per cercare ove far nido, e probabilmente a Vienna, ove molti padroni ed amici, che colà dimorano, mi persuadono e promettono assistenza ed aiuto. In tal caso voglio in ogni conto passar per costà, e la supplicherò che mi dia l'onore di vedere, e, se sarà possibile, inchinarmi a Sua Maestà.
Se in cotesta città appresso ad un principe così distinto per tante sue particolari qualità mi fosse lecito di sperare qualche decente impiego, lascerei di buona voglia qualunque altro incamminamento, sì perché così mi persuade il mio genio, come ancora perché senza uscir d'Italia in tal caso avrei ritrovato a fondar le mie radici. Ed in fine perché potrei allora vivere appresso al mio caro e riverito signor avvocato, il quale fra tanti e tanti conoscenti, e miei e della beata memoria dell'abate Gravina, è stato il solo e l'unico che senza doppiezza mi abbia mostrato costantemente un amore candido e sincero ed una vera amicizia a differenza degli altri, che invece di difendere e sostenere nella mia persona l'onore della scuola e l'elezione del comune Maestro, hanno caricato e detratto le mie operazioni, pieni di malignità e di veleno. Io mi tratterrei volentieri più lungamente in questa lettera, ma non voglio che il mio piacere abbia a rendersi noioso a V. S. illustrissima. Si degni adunque di passare a mio nome il medesimo ossequioso ufficio, che con lei passo, con la signora sua consorte, e con tutta la sua riveritissima casa. E pregandola a rammentarsi della mia servitù e della mia vera amicizia, le faccio umilissima riverenza.