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Pietro Metastasio
Lettere

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5 - A UN AMICO - ROMA

 

Vienna 25 luglio 1730.

 

Tornai martedì all'udienza per ordine del padrone a Laxenburg, assistei alla tavola, pranzai col signor principe Pio, e poi alle tre dopo il mezzogiorno fui ammesso alla formale udienza di Cesare. Il cavaliere che m’introdusse mi lasciò su la porta della camera nella quale il padrone era appoggiato ad un tavolino in piedi con il suo cappello in capo, in aria molto seria e sostenuta. Vi confesso che per quanto mi fossi preparato a quest'incontro, non potei evitare nell'animo mio qualche disordine. Mi venne a mente che mi trovava a fronte del più gran personaggio della terra e che doveva esser io il primo a parlare: circostanza che non conferisce ad incoraggire. Feci le tre riverenze prescrittemi, una nell'entrar della porta, una in mezzo della stanza, e l'ultima vicino a Sua Maestà; e poi posi un ginocchio a terra, ma il clementissimo padrone subito m'impose d'alzarmi, replicandomi: Alzatevi, alzatevi. Qui io parlai con voce non credo molto ferma, con questi sentimenti: Io non so se sia maggiore il mio contento, o la mia confusione nel ritrovarmi a' piedi di Vostra Maestà Cesarea. È questo un momento da me sospirato fin da' primi giorni dell'età mia, ed ora non solo mi trovo avanti il più gran monarca della terra, ma vi sono col glorioso carattere di suo attual servitore. So a quanto mi obbliga questo grado, e conosco la debolezza delle mie forze, e se potessi con gran parte del mio sangue divenir un Omero, non esiterei a divenirlo. Supplirò per tanto, per quanto mi sarà possibile, alla mancanza di abilità, non risparmiando in servigio della Maestà Vostra attenzione e fatica. So che, per quanto sia grande la mia debolezza, sarà sempre inferiore all'infinita clemenza della Maestà Vostra, e spero che il carattere di poeta di Cesare mi comunichi quel valore che non ispero dal mio talento.

A proporzione che andai parlando, vidi rasserenarsi il volto dell'augustissimo padrone, il quale in fine assai chiaramente rispose: Era già persuaso della vostra virtù, ma adesso io sono ancora informato del vostro buon costume, e non dubito che non mi contenterete in tutto quello che sarà di mio cesareo servizio, anzi mi obbligherete ad esser contento di voi. Qui si fermò ad attendere se io voleva supplicarlo di altro, ond'io, secondo le istruzioni avute, gli chiesi la permissione di baciargli la mano, ed egli me la porse ridendo e stringendo la mia: consolato da questa dimostrazione di amore strinsi con un trasporto di contento la mano cesarea con entrambe le mie, e le diedi un bacio così sonoro, che poté il clementissimo padrone assai bene avvedersi che veniva dal cuore. Vi ho scritto minutamente tutto, perché approvo la vostra curiosità ragionevole in questo soggetto.

 




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