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Pietro Metastasio
Lettere

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27 - A FELICE TRAPASSI - ROMA

 

Vienna 13 giugno 1744.

 

Gratissima, come tutto ciò che da voi mi viene, mi è stata l'affettuosa vostra lettera delli 16 del caduto, sì per le felici nuove di vostra salute, come per le prove, che in essa mi date, del vostro affetto. Le quali, benché superflue a persuadermi, sono sempre opportune a consolarmi. È verissimo che le torbide circostanze nelle quali io mi son trovato secondano il maligno lavoro che gli anni vanno facendo in questo mio non solidissimo edifizio. Mi avevano ridotto più malinconico che io per natura soleva essere, ma ora, lodi al Cielo, mercé l'aspetto funesto de' pubblici affari e l'assiduo commercio co' miei libri, che mi seducono dalle riflessioni moleste, ho sensibilmente migliorato. Io v'imito nel desiderio delle felicità che voi presagite, ma non già nelle speranze. Sono tanto avvezzo ad esser deluso da queste, che allora meno me ne fido quando paiono più ridenti; e con questa incredulità divido gran parte del colpo che si riceve quando svaniscono. Voi fate ottimamente a nudrirle, perché vi approfittate intanto del piacere che si gode nell'aspettazione di un bene riputato sicuro; e quando giunge il disinganno, avete in pronto una copia invidiabile di speranze nascenti che immediatamente succedono all'estinte e vi sostengono nel felice possesso di consolarvi del presente immaginando il futuro. Io, che per mia disgrazia sono sterilissimo di speranze, prendo il cammino opposto; altrimenti quello che per voi è balsamo per me sarebbe veleno. Voglia il Cielo che siate profeta, e che io possa darvi segni meno limitati del mio amore e del mio rispetto.

Non ho ancora le lettere della posta, onde non ho che scrivere al signor Perroni. Vi prego di abbracciarlo per me e dargli nuove di mia salute. Fate lo stesso con tutti di casa, e voi conservatevi attentamente, beneditemi, e credetemi con la devota sommissione.

 

 




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