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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
91 - A P. L. D'ORMONT BUYRETTE DE BELLOY - PIETROBURGO
Non attribuite, gentilissimo signor de Belloy, a difetto d'attenzione e di stima la tardanza della mia risposta alla obbligante vostra lettera, e de' miei rendimenti di grazie per il cortese dono del vostro Tito. Le frequenti commissioni poetiche della nostra Corte, ricca d'adorabili principesse, tutte amatrici di musica, il dovere di leggere e rileggere più volte, prima di rispondere, il trasmesso dramma, e le impertinenti e non rare irregolarità di mia salute non mi lasciano l'agio ch'io vorrei per potermi abbandonare al genio e agli amici. Rapisco ora qualche momento alle mie poco utili, ma inevitabili distrazioni; stimolato più dal debito e dal rimorso che secondato dal comodo.
La necessità di servire al genio degli spettatori della vostra nazione avendovi obbligato a trattare il soggetto del Tito così diversamente da me, è pura gentilezza vostra il volermi attribuire qualche parte nel merito d'una tragedia divenuta originale. Sarebbero quasi tutti copisti i pittori, se convenisse questo nome a chiunque non è stato il primo ad esprimere co' suoi colori o la morte d'Abele o il sacrificio d'Abramo o altro qualunque avvenimento. I casi, gl'incontri e le passioni umane sono limitate, e rassomiglian fra loro come le nostre menti, le quali tanto più facilmente s'incontrano quanto più regolarmente pensano. E se il tempo o il genio pedantesco mi secondasse, vi addurrei una infinita serie di esempi de' più grandi antichi e moderni poeti, che la somiglianza delle occasioni ha obbligati a rassomigliarsi fra loro e ne' pensieri e nelle espressioni. Da questa verità procede parimente che io non merito l'altra lode che cortesemente mi date d'aver saputo con destro e mirabile artifizio rapire al vostro e adattare al teatro italiano le tragedie francesi: almeno io posso asserirvi candidamente che non me lo sono mai proposto. Provveduto con la lettura di tutta la merce teatrale di tutte le culte nazioni, ho sempre stabilito di scrivere originalmente cosa propria: e se la circoscritta condizione umana o la fedeltà della memoria, più tenace custode di quelle cose che ha ricevute con ammirazione e piacere, mi ha suggerito nelle occasioni analoghe il bello da me già letto, il più delle volte credendomene inventore, me ne sono di buona fede applaudito; e quando mi sono avveduto del contrario ho creduto che mi onorasse abbastanza il giudizio della scelta e dell'impiego de' preziosi materiali de' quali mi avean fornito le più illustri miniere; e mi sarei vergognato della mia debolezza se mi fossi indotto ad abbandonar l'ottimo per la puerile vanità di creare il diverso. Ma la digressione è già lunga per una lettera frettolosa: onde basta per oggi avere esercitata sin qui la vostra pazienza su tal proposito.
Vi dirò dunque che ho più volte attentamente letta e riletta la vostra tragedia, e sempre con eguale piacere. Effetto d'uno stile armonioso, nobile, chiaro, pieno di pensieri non comuni, e tale insomma che convincentemente dimostra quanto la natura vi ha favorito, e quanto la vostra applicazione l'ha felicemente secondata. Con un così ricco capitale io credo che non dobbiate cedere agli insulti capricciosi delle vicende teatrali. Voi non ignorate che le medesime tempeste hanno agitato in ogni secolo i primi lumi della poesia drammatica; ma il turbine passa, il merito dura, e il tempo rischiara e decide. Non è perciò ch'io non entri a parte del vostro giusto rammarico: m'impegna per voi la parzialità che professate per me, il pregio stimabile de' vostri talenti e la somiglianza del rischio in cui mi trovo, navigando lo stesso mare; ma vorrei che gli ostacoli (come avviene negli animi ben fatti) vi servissero di stimolo e non d'inciampo. In quanto alla condotta e all'economia della vostra tragedia, non mi resta che dire. Se io avessi creduto che altra fosse più atta a soddisfare il genio della mia nazione, l'avrei certamente anteposta a quella di cui ho fatto scelta; ond'è prova troppo chiara ch'io non ho veduto più oltre. Voi avete indubitatamente avuto lo stesso fine dilungandovi da me, cioè di lusingare il gusto francese. Io so che il vostro ingegno e la vostra esperienza teatrale vi debbono aver reso abile a questo giudizio; ma sarei troppo temerario se, ignaro de' costumi, degli abusi e della maniera di pensare de' vostri popoli, io ardissi di proporre il mio.
È falsissimo che un giovane ufficiale tedesco mi abbia fatto vedere o mandato come suo lavoro l'abbozzo del vostro Tito. Io non conosco alcun militare di questa nazione che scriva versi francesi; onde vi hanno ingannato o per errore o per malizia quelli che vi hanno turbato con simil favola. Non vi lasciate dunque adombrare da fantasmi insussistenti, ma continuate coraggiosamente a far uso de' vostri talenti e del solido e nobile stile che vi siete formato: aggiungete ornamenti al Parnaso francese, e raccogliete que' lauri ch'io vi presagisco e vi desidero nell'atto di protestarmi.