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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
IX
Non da bella e candida mano, ma da man maestra ed eccellente avete avuto il mio Adriano, e se non di primo colpo, almeno di ripicco. Io non vi dissimulo la mia collera contro chi mi ha levato il piacere, che mi figuravo, di leggervelo io medesimo, e contro chi osserva così poco le leggi che impone agli altri. Nulladimeno tacerò. Il vostro amore per me è così eccessivo che non lascia maniera di dubbio; onde non già i vostri savi ed amichevoli avvertimenti, ma le vostre replicate proteste con cui gli accompagnate, meritano qualche risentimento. Ho tanta stima di voi e son così dubbio sul merito de' miei scritti, che senza esaminar il peso delle vostre osservazioni avrei forse riformati i luoghi da voi disegnati. Ma facendo il conto de' giorni io non potea essere in tempo a mandar le variazioni in Italia. Ricevei la vostra lettera il mercoledì passato la sera, ed anche per casualità, non avendo pensato che per accidente a mandare alla posta di Lintz, donde non attendevo lettere, avendole ricevute nel piego di madama Ferrari. Per Casalmaggiore non si scrive che il mercoledì; e s'io lo facessi oggi, lo farei invano, perché all'arrivo della mia lettera sarebbe necessariamente terminata la musica; e se non lo fosse, non sarebbe in tempo l'opera pel giorno di San Carlo. Questa impossibilità d'ubbidirvi mi ha fatto pensar minutamente a quanto mi scrivete; e così pensando, combinando e riflettendo, a poco a poco (forse effetto dell'amor proprio) mi sono cominciate a parer molto leggere le vostre opposizioni. E perché non abbiate a credermi sulla mia parola, ve ne dirò brevemente le ragioni colla nostra amichevole e confidente libertà.
Quell'Aquilio gran Brighella del dramma intrica troppo. Egli non fa che due macchine, ed una molto distante dall'altra, occorrendo una nel primo atto e l'altra nel terzo. Giudicate se questo è troppo pel numero o per la qualità, non ingannando che donne.
Non mi par verisimile che quella romana aderisca al consiglio d'Aquilio etc. Primieramente, ella ubbidisce ad un ordine, non aderisce ad un consiglio. Cessando il supposto ordine d'Adriano, cessa il fondamento della risoluzione di Sabina. Supponiamo prima che l'ordine sia vero; Sabina deve ubbidire, altrimenti farebbe, contro il suo carattere tollerante e virtuoso, un'azione irregolare e temeraria. Ha da dubitar della verità dell'ordine? perché? forse per sospetto d'Aquilio? non mi pare. Ella sa che questo è il favorito d'Adriano, e che sino a quel punto non ha compresa cosa alcuna dell'amore del medesimo per lei; né dee figurarlo cattivo senza ragione. Una malvagità eccessiva non si crede facilmente, quando non si veggono le utilità ch'essa si propone: notizie che appunto mancano a Sabina.
Dovrebbe ella forse dubitar della verità dell'ordine per relazione al carattere d'Adriano? Neppure. Ella ha cento motivi convincenti per credere che l'imperatore sia così cieco per Emirena e così freddo per lei, che non vegga l'ora di levarsela d'intorno, e come impedimento alla di lui felicità e come rimprovero continuo della sua incostanza. Né deve Sabina (prudentemente ragionando) riferire ad altro motivo l'esser ella tollerata in Antiochia che alla mancanza d'un apparente e lodevole pretesto per allontanarla. Sente da Aquilio che pur questo si è ritrovato nel consiglio e nell'aiuto da lui prestato nella fuga di Emirena e Farnaspe: reato che, ingrandito dalla passione di Adriano, è velo soprabbondante per mascherare di giustizia il comando interessato e violento: onde alla povera Sabina non rimane ragione di sperar né su l'amore di Adriano, né su la cura del medesimo di salvar l'apparente onestà. Eppure le rimane qualche filo di speranza. Dee esser quello di poter vincer cedendo e tollerando. Questo è il consiglio al quale si appiglia, sì perché non ve ne sono altri, come perché si confà col carattere ch'io le do dal principio dell'opera sino al fine. Osservate che, qualunque volta, per non fingerla insensibile, io la faccio scaldare su i torti che riceve, faccio che immediatamente rifletta e si corregga, ritornando alla naturale sua prudenza e tolleranza. Qualità che fanno strada, anzi sono necessarie, perché possano gli spettatori crederla capace della straordinaria generosità che usa nello scioglimento dell'opera. Qualità che mi hanno fatto rigettare, come distruttive delle medesime, l'espediente di farla partire per motivo di gelosia e di proprio consiglio, benché nel mio primo scenario io l'avessi scritto, come vedrete. Poiché, per ridursi a tale risoluzione, bisogna supporla non solo gelosa, ma altiera, intollerante e violenta; il che io non voglio, né debbo.
Finora ero sicurissimo che gl'imperatori romani, quando la prima volta si mostravano agli eserciti, erano per lo più sollevati su gli scudi de' soldati. Il vostro dubbio però mi fa dubitare. Nulladimeno aprendo Svetonio ho ritrovato nella vita di Ottone: Omissa mora succollatus et a praesente comitatu imperator consalutatus etc.; e poco dopo nella vita di Vitellio: Imperator est consalutatus circumlatusque etc. Qui non si nominano scudi, ma naturalmente non gli avranno portati a cavalluccio. Di questo però spererei di potervi promettere testi più chiari e precisi. Non mi sono determinato di chiamar testuggine quella unione di scudi sopra cui farò portare Adriano, poiché quella voce è troppo comunemente intesa per una testura di scudi atta agli assalti murali d'una città, e le figure di esse sono e più vaste e più semplici di quella che faremo vedere in teatro, che sarà più picciola e più ornata. Né mi è occorso vocabolo più significativo che carro artificioso, appunto perché quella tale unione di segni aquile e scudi imiterà la forma di un carro trionfale, che non farà cattivo effetto ben eseguito; e conservando per quanto si può il costume, lusinga il genio del teatro, che ha bisogno di spettacoli maestosi. Finalmente non posso chiamarla testuggine, perché la testuggine era composta di soli scudi, e nella macchina che noi esporremo gli scudi avranno, per così dire, la minor parte.
La parola grossolana è tale che non saprei trovar l'eguale per ispiegare il mio sentimento. Il vocabolario della Crusca nella voce grossolanamente spiega semplicemente, rozzamente, senza delicatezza; ed è appunto quello che io voglio dire in una sola parola. Il vocabolo è bello, usato, sonoro e significativo. Perché non vi finisce? Questi sono odii peccaminosi.
Fra gl'infiniti significati della voce convenire il Vocabolario mette prima di ogni altro venire nella medesima sentenza: onde è certo che questo è il senso più ovvio di tal parola. Vi saranno senza dubbio molti esempi di poeti epici e lirici che l'avranno usata in questo senso, ma io non saprei produrveli così di repente. Vi dico però che, quando anche in tali poeti non si ritrovasse, non dovrei per ciò astenermene; poiché i lirici e gli epici, parlando essi pensatamente, in materia di locuzione sono soggetti a leggi più ristrette di quello che sieno i poeti drammatici, che introducono persone che parlano all'improvviso, e perciò dobbiamo valerci assai discretamente degli ornamenti de' quali i primi abbondano, ed avvicinarci, quanto si possa senza avvilimento, al parlar naturale, ch'è quello della prosa. Onde pochissime sono le voci ch'essendo permesse al prosatore siano viziose nel poeta drammatico.
Io credo che vorreste esser digiuno di avermi mai avvertito, tanto vi avrò seccato colla mia prolissità. Soffritela pazientemente; e credete che, quantunque io sia molto quieto per le accennate ragioni su i dubbi che mi proponete, io ve ne sono nulladimeno gratissimo, perché mi confermano nella sicurezza della sollecitudine che avete per i progressi della mia riputazione. Cura tenerissima, obbligantissima e generosissima, che mi farà essere perpetuamente.