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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
LI
A FRANCESCO ALGAROTTI - BERLINO
Non avrei ardito di lusingarmi che gl'influssi del santo Giubileo esercitassero la loro efficacia fin sul vortice di Potsdam, me ne ha dolcemente convinto il signor duca di Santa Elisabetta, che ieri di ritorno dal suo viaggio di Berlino mi consegnò la risposta ad una mia lettera dell'anno quarantasette. Questo spontaneo pagamento d'un debito così stantio suppone esame, rimorso, proposito e ogni altro materiale necessario ad una perfetta resipiscenza. Anche più che con esso voi, io me ne congratulo con me medesimo, come con quello che risente i più cari effetti di cotesta vostra giustificazione. Confesso che per qualche tempo un così ostinato silenzio ha rincrescevolmente esercitate tutte le mie facoltà investigatrici; sono andato alternamente dubitando or dell'innocenza mia, or della vostra giustizia, e non avendo saputo rinvenire né pur minima cagione per condannarle, ho rimesso il mio animo in assetto, e ho concluso finalmente che il tacer vostro non poteva esser sintomo di sinistro presagio alla nostra amicizia. Io credo che le nostre menti soggiacciano alle loro inappetenze, come gli stomachi nostri: ma so altresì che tutte le inappetenze nostre non sono funeste, né sono mai giunto a temere nella vostra svogliatezza un principio distruttivo dell'amor vostro. Povera scuola socratica, se dallo schiccherar d'un foglio dipendesse l'esistenza dell'amicizia! Non si amavan forse i viventi prima che gli Egizi, i Fenici, o chiunque sia stato, s'avvisassero d'inventare i caratteri? Gli animi accordati con certe scambievoli proporzioni hanno fra di loro, come le cetre, una corrispondenza arcana, per la quale a vicenda perfettamente s'intendono senza verun bisogno di quei materiali veicoli co' quali unicamente sanno far commercio di pensieri i profani.
Mi fu carissimo il dono de' vostri Dialoghi, ch'io rilessi per la terza volta con tutta l'avidità della prima; e mi parve ch'essi non avessero acquistato meno per quello che avete lor tolto, che per quello di che gli avete arricchiti. Or prego il Cielo che li difenda dalla vostra incude, su la quale non veggo come potessero tornare senza svantaggio.
Che pensiero ipocondriaco è mai quello che vi va per il capo, di volermi dedicare un vostro libro? Noi altri poveri ranocchi d'Ippocrene non siam figure da frontispizio. Questo è mestiere destinato a quei luminosi figli della fortuna che abbondano d'ogni spezie di merito, senza soggiacere alla dolorosa condizione di andarne comprando, come i miei pari, qualche minuto ritaglio a prezzo di vigilie e di sudori. Vi so buon grado dell'amore che vi fa travedere, e per debito di riconoscenza auguro al vostro libro un più decoroso protagonista.
Eccovi, poiché così vi piace, la satira d'Orazio, Hoc erat in votis, da me, come sapete, non per inclinazione a così servile impiego ma per condiscendenza d'amicizia volgarizzata. Voi e pochi altri sono capaci di conoscere quanto costi questo ingrato e difficile lavoro, di cui non sono men rari i giudici competenti che gli artisti soffribili. Ditemene il parer vostro dopo averla letta col mio celebratissimo signor Voltaire, a cui direte in mio nome ch'io sono così superbo del suo voto quanto lo sarei di quello d'Atene e di Roma alle quali avrebbe egli già accresciuto ornamento, come lo accresce ora all'illustre sua patria, non senza l'invidia di tutte le altre più colte provincie d'Europa.
Mi fu recata una vostra lettera dal signor abate Milesi: gli offersi a riguardo vostro e le mie premure e me stesso: ma egli, fornito forse di più utili o di più dolci conoscenze, né si è fatto più vedere in casa mia né ha voluto confidarmi la sua, onde mi ha risparmiato il rincrescimento di riflettere su la mia insufficienza a servirlo.
Un'altra me ne ha consegnata il gentilissimo signor Torres, col quale m'incontro quasi tutti i giorni. Io l'amo come vostro amico, come giovane di non ordinario talento e desideroso di sapere. Mi piace di ragionar seco e mi rapisce in lui quel grazioso misto d'autorità spagnuola e di vivacità francese. La contessa d'Althann ed il conte di Canale vi ringraziano, vi salutano e vi desiderano: ed io teneramente abbracciandovi vi prego di riamarmi e di credermi.
P.S. A dispetto de' miei tormentosi ed ostinati affetti isterici ho dovuto eseguire gli ordini augustissimi scrivendo una nuova opera da rappresentarsi in musica nel venturo autunno da dame e da cavalieri. Sono già alcuni giorni che mi trovo sul lido dopo una navigazione più breve e più felice di quello ch'io non ardiva promettermi. Ve ne dimanderò il vostro giudizio, subito che non sarà delitto il comunicarla. Addio.