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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
Rispondo più tardi di quello che avrei voluto alla cortese lettera del mio signor Calzabigi del 15 dello scorso novembre, perché l'affare ch'egli in essa mi propone esige riflessione, e non ammette alcuna fretta. Or, dopo i brevi ma sinceri rendimenti di grazie ch'io sono in debito di fargli per le obbliganti ufficiose espressioni con le quali egli così parzialmente mi onora, eccomi a fare e a dir per lui tutto quello che concede la difficoltà della materia ch'ei mi propone.
Fra le molte edizioni delle opere mie, delle quali forse in castigo de' miei peccati è stato inondato il pubblico, non ve n'ha né pure una fatta sotto gli occhi dell'autore, e che però non abbondi di gravi e vergognosi errori. A quelli del primo ha sempre aggiunti i suoi il secondo stampatore; a quei del secondo il terzo, e con questo progresso di peggioramento la cosa è ridotta a segno così deplorabile, che per cura di salute io mi guardo, come da gravissimo disordine, dall'aprire qualunque nuova impressione delle opere mie, che mi venga sventuratamente presentata. Da tutto ciò è assai chiaro ch'io stesso non saprei quale delle antiche proporre per esempio alla nuova edizione, perché in questa si trovassero unicamente gli errori miei senza l'aggiunta degli altrui. Converrebbe, per far cosa lodevole, ch'io prendessi per mano una delle note ristampe, che pagina per pagina, anzi verso per verso, andassi attentamente correggendo lo stampatore e me stesso; ch'io di ciò formassi un nuovo originale e che di questo finalmente io mandassi al signor Gerbault: una fedelissima copia. Or questa operazione suppone tempo e pazienza, a cui può malagevolmente accomodarsi l'interesse di cotesto editore e le mie occupazioni. Pure per corrispondere in quanto io possa alle cortesi cure e del mio signor Calzabigi e di cotesto signor Gerbault, eccovi in primo luogo due stampe d'un mio ritratto, che finora è il men satirico che mi sia stato applicato: eccovi inoltre un fedel catalogo di quanto è stato finora pubblicato di mio. Dico di mio perché lo stampatore veneto nella sua ottava e nona ristampa del 1752 mi ha generosamente attribuito alcune cantate e canzonette d'autori incogniti, a' quali io non vorrei per cosa del mondo usurparne la gloria.
Quanto all'ordine de' componimenti, io non terrei che il seguente. Destinerei a ciascun volume quattro o cinque opere al più, e le accompagnerei con alcuni di que' componimenti drammatici che si trovano nel catalogo sotto i nomi di Feste o d'Oratorii. Tutto ciò ch'è drammatico va bene insieme: i lettori, ed io più di loro curo pochissimo la pedanteria cronologica, e serbando il tenore ch'io suggerisco, riusciranno i volumi tutti di mole eguale, potendo lo stampatore destinare a ciascuno de' medesimi, a seconda della mole che si propone, maggiore o minor numero de' drammatici componimenti suddetti, e più lunghi e più brevi, che ve n'ha d'ogni fatta. Dopo tutte le poesie drammatiche sarei di parere, che seguissero le liriche, cioè a dire le Cantate, i Sonetti, le Canzonette e gli Epitalamii. E finalmente relegherei al fondo dell'ultimo volume quelle poesie ch'io scrissi nella mia infanzia delle lettere, e che nella prima edizione in quarto di Venezia si trovano nel terzo tomo raccolte sotto nome d'Aggiunta, con un avvertimento al lettore, che lo informava e del tempo in cui furono scritte, e del mio sensibile rincrescimento nel vedermele pubblicate a mio dispetto. V'è fra queste una tragedia, intitolata il Giustino, non solo scritta da me e pubblicata in età di poco più di quattordici anni, ma composta per precetto del mio maestro su lo stile del Trissino, servile imitatore d'Omero: ond'ei si risente dell'immaturità dell'autore e della languidezza del suo prototipo. Se il signor Gerbault volesse nella sua ristampa trascurare i componimenti che formano cotesta maladetta Aggiunta, mi farebbe cosa carissima, ma perché giustamente temo ch'egli non vorrà con questa mancanza render la sua inferiore alle altre edizioni, lo prego almeno di raccoglierle tutte insieme, cacciarle al fondo dell'ultimo volume, e informare i lettori delle circostanze che servon loro di scusa.
Ho ridotto la Didone e la Semiramide in forma di cui sono molto più contento che di quella con la quale hanno corso i teatri d'Europa finora. Ho parimente aggiunto un quarto personaggio ad una festa intitolata Componimento drammatico che introduce ad un ballo cinese, e con questo riesce a mio credere più compiuto. Son pronto a comunicar tutto ciò al signor Gerbault, purch'egli destini in Vienna chi abbia cura di farne far le copie e quella di trasmetterle.
Sarà ben comica la sedizion musicale che hanno prodotta in Parigi cotesti nostri attori italiani. Io mi figuro una gran parte degli amabili eccessi della vivacità francese; ma non vorrei che insieme co' nostri pregi adottassero i nostri difetti. A parlar sinceramente, gl'Italiani, in gran parte per far soverchiamente pompa dell'abilità del canto della quale a distinzione delle altre nazioni gli ha forniti la natura, si sono solo dimenticati d'imitarla, ma trascorrono assai spesso sino ad opprimerla.
Per non essere ingrato alla gentilezza vostra è tempo di liberar la vostra pazienza, esercitata abbastanza in una sì poco discreta lettera; comandatemi dunque, e credetemi con la dovuta stima.