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Pietro Metastasio Lettere IntraText CT - Lettura del testo |
Valendosi V. S. illustrissima nello scrivermi del carattere altrui ha provveduto al mio bisogno e mi ha risparmiato il rossore d'una necessaria preghiera, ch'io era già in procinto di fargliene. La sua mano vuol gareggiar di velocità con la mente: e (come d'ordinario avviene) corrompe le proprie facoltà per emular quelle dell'altra. Io le sono gratissimo di quest'atto di gentil compiacenza, e la prego a continuarla.
L'indefessa compositrice è piena di confusione, di contento e di gratitudine per la fortuna della sua sacra fatica e per le parziali testimonianze che è piaciuto a V. S. illustrissima di dargliene ed in stampa ed in iscritto: e riguarda il comando d'un secondo salmo come un sicuro mallevadore dell'approvazione del primo. Avrebbe già posto mano alla nuova opera, ma, impegnata in altro non breve già promesso ed incominciato lavoro, convien ch'ella sospenda il desiderio d'ubbidirla sino alla soddisfazione del debito anteriormente contratto. Intanto, per mettere questo intervallo di tempo a profitto, mi commette di comunicarle una sua riflessione, alla quale attende risposta. Ella crede che un primo e secondo violino sarebbero utilissimi al richiesto componimento, sì per dar quando si voglia quel corpo all'armonia che non può formarsi dal solo salterio, come per quella varietà che in tredici strofette uniformi di metro è tanto necessario di procurare quanto difficile di conseguire. Aggiunga che cotesti violini, come puri accompagnamenti, non si opporrebbero punto al fine che si è proposto il signor don Saverio: poiché volendo egli eseguire il salmo nella sua camera, o a solo, o con la limitata presenza d'alcun amico, potranno essere i violini impunemente trascurati e la sola parte del salterio obbligato, già per se stessa più delle altre adornata, farà con le voci e col basso un grato e sufficiente concento. Ma quando vorrà esporlo a più numerosa udienza ed in vaso più capace, potrà dargli co' violini il decente e necessario corteggio. Ha bisogno oltracciò la compositrice di sapere se il salterio, di cui il signor don Saverio si vale, abbia tutte le intiere e le mezze voci del gravicembalo, e s'egli vi adoperi le bacchette o i ditali. Nello Stabat Mater del Pergolesi io sento e riconosco con ammirazione e diletto il sublime ingegno, il bel cuore ed il dotto e prudente artificio dello scrittore. La signora Martines l'ha sempre sul suo gravicembalo, né ci stanchiamo mai, né mai ci stancheremo ella di ricantarlo, io d'ascoltarlo di nuovo. Ma, riguardo a' Salmi Marcelliani, confesso, mio caro signor don Saverio, ch'io non so di musica abbastanza per esser atto a compiacermene. Mi sovviene d'averne udito parlare assai svantaggiosamente da accreditatissimi artefici. Il celebre Caldara, insigne contrappuntista e favorito maestro di cappella dell'imperator Carlo Sesto, infastidito un giorno del prolisso ed eccessivo elogio che gli andava facendo il cardinale Passionei, allor nunzio in Vienna, de' Salmi del Marcello, gli disse in mia presenza: «Io non saprei trovare in quei salmi altro di raro che la stravaganza». Io stesso in Venezia sono stato testimonio di un tratto ben ardito del nostro Nicolò Porpora. L'avea invitato il Marcello alla prova d'un di cotesti suoi salmi, e gliel'avea presentato in istampa: il Porpora nel corso della musica ne andò di tratto in tratto ripiegando le carte: e quando infine il Marcello veniva a lui, persuaso di riscuoterne una almen civile approvazione, egli con gentilezza veramente scitica gli rese il salmo dicendo: «Mi condolgo con V. E. che sia stata così mal servita nella stampa; il salmo è pieno d'errori: io ne ho contrasegnati alcuni». Intese il Marcello: con un riso amaro gli volse le spalle senza rispondergli; e la loro implacabile inimicizia incominciò da quel punto. All'incontro fra Marcelliani mi nomina V. S. illustrissima persone degnissime, delle quali io tengo in sommo pregio e venerazione il giudizio: onde, confuso fra così rispettabili dispareri, risolvo di relegarne la decisione fra le altre innumerabili cose che ignoro.
Ella per quel ch'io veggo s'è messa in capo di trasformarmi in cicala: onde, perché non le riesca, finisco, pregandola ad attestare a cotesto obbligantissimo signor consigliere Borragine la giusta mia infinita riconoscenza per la gratuita sua generosa parzialità, ed a procurar che gradisca la sincera offerta dell'ossequiosa servitù mia. Addio. Io sono e sarò sempre.
P. S. Alla valorosa signora N. N. i miei cordiali saluti e quelli della signora Martines.