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Pietro Metastasio
Lettere

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CXLVI

 

A VINCENZO MONTI - ROMA

 

Vienna 14 ottobre 1779.

 

Se potesse a buona equità chiamarsi, come ella chiama, indiscretezza importuna l'onore che mi fanno tutti quelli che credono i miei giudizi degni della cura di procurarli, sarebbe V. S. illustrissima più d'ogn'altro colpevole, perché men d'ogn'altro bisognosa di mendicati suffragi. Basta anche una ben mediocre sensibilità per esser subito rapito dalla sempre armoniosa e vivace energia del suo stile e dalla feconda novità de' pensieri e delle pellegrine imagini delle quali ridondano i suoi saggi poetici. Io gli ho tutti attentamente letti ed esaminati, ed ho ammirato il magistero col quale sa ella adattarsi con eguale eccellenza a' tanto fra loro diversi generi di poesia che prende a trattare, sino a saper (quando le piace) costringer le nostre a rivestirsi del genio delle Muse straniere. Se pare a V. S. illustrissima di non aver fornita la sua cantata drammatica di tutto quell'adattamento che avrebbe dovuto, non è certamente sua colpa, ma del genere di componimento medesimo, che, scarso per sua natura d'azioni e d'affetti, rende difficile l'esecuzione dell'insegnamento d'Orazio «Non satis est pulcra esse poemata: dulcia sunto, — et quocumque volent animam auditoris agunto». Gli obblighi indispensabili del mio impiego mi han più volte ridotto in tali angustie: e potrà ben ella osservare che in cotesta specie di componimenti, non potendo agitarne il cuore, mi sono studiato il possibile di occupar la mente degli ascoltatori. Termini dunque arditamente il secondo lavoro di questa specie che ha per le mani, e ne faccia parte a suo tempo, sicura che si conoscerà sempre nel metallo l'eletta miniera che l'ha prodotto. Così l'autorità imperiosa della grave età mia mi permettesse di unirmi a lei nel rendere i degni omaggi al sublime merito del suo eroe, di cui tanto anche di qua dall'Alpi con ammirazione si ragiona! Tutta la potente protezione del mio amor proprio non basta, mio caro signor abate, a farmi accettar come a me dovuta la profusione delle eccessive lodi delle quali mi ricolma l'elegante sua lettera: mi consolo per altro del rincrescimento di non meritarle con l'evidenza che son esse traveggole d'un violento genio e d'una decisa parzialità. Come tali le accetto, me ne compiaccio e cordialmente le contraccambio, augurandomi intanto attività ed occasioni di dimostrarle con l'ubbidienza mia la stima, la gratitudine, l'affetto e l'ossequio con cui sempre sarò quindi innanzi.

 

 




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