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Pietro Metastasio
Lettere

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CXLIX

 

A FRANCESCO GRISI - ALA

 

Vienna 18 luglio 1780.

 

Ricevei ieri l'affettuosissima vostra lettera data fin dal 6 del corrente ed osservo che molto è lenta la nostra posta ne' suoi viaggi: ma i nostri affari compatiscono dilazione, onde non convien farne conto. Ci andiamo come voi dite sempre avvicinando all'Eternità, ma dovremmo essere assuefatti a questo mestiere che esercitiamo dal primo momento che entriamo nel cammin della vita.

 

Ogni momento

che altri ne gode è un passo

che al termine avvicina: e dalle fasce

s'incomincia a morir quando si nasce.

 

Veggo, mio caro signor Grisi, che su questo proposito pensate da filosofo cristiano: me ne congratulo con esso voi, e dal lodevole tenor della vostra vita non poteva io tenervi diverso. Veggo che vi affliggono, più per il vostro prossimo che per voi, gl'inconvenienti del nuovo sistema, e ne avrete solide ragioni: ma io non posso perfettamente scoprirle. In primo luogo perché tutti i poeti sono cattivi calcolatori: in secondo perché son prevenuto che questo sistema medesimo già da qualche anno stabilito in Moravia ed in Boemia è stato ricevuto, tuttavia sussiste e si mantiene con sommo contento ed applauso di quei popoli. È per altro verissimo che in così vasti dominii che contengono circostanze di climi, di situazioni, di prodotti, di commerci e d'inclinazioni tanto diverse è difficilissimo l'immaginare una regola universale che sia comoda egualmente e giovevole a tutti. Un rimedio è velenoso per un temperamento, e per un altro è salubre: l'esperienza scopre l'inganno: tocca ai savi medici il cercarne i compensi, ed è ragionevole il credere che i nostri non li trascureranno se il bisogno l'esige.

Addio, mio caro signor Grisi. Armatevi quanto potete contro l'ipocondria senile, continuate a volermi bene, raccomandatemi alla picciola vostra ed eletta società, e non cessate mai di credermi.

 

 




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