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Pietro Metastasio
Nitteti

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ATTO PRIMO

 

 

SCENA PRIMA

 

Parte ombrosa e raccolta degl’interni giardini della reggia di Canopo alle sponde del Nilo, corrispondenti a diversi appartamenti. Sole nascente su l’orizzonte.

 

Amenofi impaziente, poi Sammete in abito pastorale che approda sopra picciolo battello.

 

AMEN.

E Sammete non torna!

Oimè! già spunta il sol. Sa pur che il padre

Oggi al soglio d’Egitto

Sollevato sarà, sa che a momenti

In Canopo s’attende. Ah, se all’arrivo

D’Amasi ei qui non è, quali per lui,

Quali scuse addurrò? Tanta imprudenza

Io non so perdonargli. Ah, lo saprei,

Se anche agli affetti miei

Gli astri, come per lui, fossero amici!

Agli amanti infelici

Son secoli i momenti; e sono istanti

I lunghi giorni ai fortunati amanti.

Con la sua pastorella

Gli fuggon l’ore, e non s’avvede... Un legno

(Sammete approda, e scende dal battello, ed Amenofi gli va incontro)

Parmi che approdi. Ah, lode al Ciel! Ma, prence,

Che più tardi? che fai? Le rozze spoglie

Corri, corri a deporre. I precursori

Già d’Amasi son giunti;

Tutto in moto è Canopo: ho palpitato

Assai fin or per te.

SAMM.

Son disperato.

AMEN.

Perché, Sammete? Onde l’affanno?

SAMM.

Oh Dio!

AMEN.

Parla. Forse rifiuta

Beroe gli affetti tuoi?

SAMM.

Beroe è perduta.

AMEN.

Perduta! Oimè! Come? Che dici?

SAMM.

In vano

Fin or di dal fiume

Ne corsi in traccia. Alla capanna, al bosco

Mille volte tornai; quel caro nome

Or sul monte, or sul piano

Replicai mille volte, e sempre in vano.

AMEN.

Che tu non sei Dalmiro,

Che un pastor tu non sei

Forse Beroe ha scoperto, e a te s’invola.

SAMM.

No, caro amico; il caso

È più funesto assai. Da un fuggitivo

Timido villanello intesi al fine

Che nella scorsa notte

Ad altra ninfa unita

Fu da gente crudel Beroe rapita.

AMEN.

Forse da qualche stuolo

D’arabi masnadieri?

SAMM.

No, d’egizi guerrieri:

Ei l’asserì.

AMEN.

Non so pensar... Ma fugge,

Sammete, il tempo. Ah, le tue spoglie usate

Vanne a vestir! Questo real soggiorno

Per Dalmiro non è.

SAMM.

Vado e ritorno.

Ma non partir: sovvienti

Che ne’ casi infelici

È dover l’assistenza ai fidi amici,

 

Sono in mar, non veggo sponde;

Mi confonde il mio periglio;

Ho bisogno di consiglio,

Di soccorso, di pietà.

Improvvisa è la tempesta;

Né mi resta aita alcuna,

Se al furor della fortuna

M’abbandona l’amistà. (parte)

 

 

 




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