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Pietro Metastasio
Nitteti

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SCENA DECIMA

 

Nitteti e Bubaste

 

NITT.

Se lasciasse Sammete

Un solo in libertà de’ miei pensieri,

Amenofi l’avria. Degno è d’amore

Quel tenero rispetto,

Con cui celando in petto

Le sue fiamme segrete...

BUB.

Amenofi dov’è? (con gran fretta)

NITT.

Cerca Sammete.

BUB.

Dunque ad Amasi io volo.

NITT.

Odi. Che rechi?

Donde vieni? che fu?

BUB.

Temo, o Nitteti,

Qualche fiero disastro.

NITT.

Onde la tema?

BUB.

Volle Beroe da me d’Iside a’ sacri

Recinti esser condotta:

Io l’ubbidii; ma nel tornar dal tempio

In Sammete m’avvenni. Ah, principessa,

Se veduto l’avessi!... Io tremo ancora

Riandandone l’idea.

Forsennato correa; chiedea seguaci;

Scotea nudo l’acciar; torbido il volto,

Scomposto il manto, il crin; parea dal ciglio

Vibrar folgori ardenti;

Fremea piangendo, e confondea gli accenti.

NITT.

E scelto ha Beroe istessa...

BUB.

Perdona, o principessa; erro, s’io resto:

Può troppo un breve indugio esser funesto. (parte in fretta)

NITT.

Misera! quai ruine un mio geloso

Sconsigliato trasporto

Può cagionar! Taciuto avessi: oh Dio!

Fu cieco il condottier, fui cieca anch’io!

 

Se fra gelosi sdegni

V’è alcun che soffra e taccia,

Deh! per pietà m’insegni

Come si può tacer;

Come si tiene ascoso

Quell’impeto geloso,

Che tutti esprime in faccia

I moti del pensier! (parte)

 

 

 




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