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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena ottava - Megacle, Licida

 

MEG. Licida.

LIC. Amico.

MEG. Eccomi a te.

LIC. Compisti...

MEG. Tutto, o signor. Già col tuo nome al tempio

per te mi presentai. Per te fra poco

vado al cimento. Or, fin che il noto segno

della pugna si dia, spiegar mi puoi

la cagion della trama.

LIC. Oh, se tu vinci,

non ha di me più fortunato amante

tutto il regno d'Amor.

MEG. Perché?

LIC. Promessa

in premio al vincitore

è una real beltà. La vidi appena,

che n'arsi e la bramai. Ma poco esperto

negli atletici studi...

MEG. Intendo. Io deggio

conquistarla per te.

LIC. Sì. Chiedi poi

la mia vita, il mio sangue, il regno mio;

tutto, o Megacle amato, io t'offro, e tutto

scarso premio sarà.

MEG. Di tanti, o prence,

stimoli non fa d'uopo

al grato servo, al fido amico. Io sono

memore assai de' doni tuoi: rammento

la vita che mi desti. Avrai la sposa;

speralo pur. Nella palestra elèa

non entro pellegrin. Bevve altre volte

i miei sudori: ed il silvestre ulivo

non è per la mia fronte

un insolito fregio. Io più sicuro

mai di vincer non fui. Desio d'onore,

stimoli d'amistà mi fan più forte.

Anelo, anzi mi sembra

d'esser già nell'agon. Gli emuli al fianco

mi sento già; già li precorro: e, asperso

dell'olimpica polve il crine, il volto,

del volgo spettator gli applausi ascolto.

LIC. Oh dolce amico! Oh cara

sospirata Aristea!

MEG. Che!

LIC. Chiamo a nome

il mio tesoro.

MEG. Ed Aristea si chiama?

LIC. Appunto.

MEG. Altro ne sai?

LIC. Presso a Corinto

nacque in riva all'Asopo, al re Clistene

unica prole.

MEG. (Aimè! Questa è il mio bene).

E per lei si combatte?

LIC. Per lei.

MEG. Questa degg'io

conquistarti pugnando?

LIC. Questa.

MEG. Ed è tua speranza e tuo conforto

sola Aristea?

LIC. Sola Aristea.

MEG. (Son morto).

LIC. Non ti stupir. Quando vedrai quel volto,

forse mi scuserai. D'esserne amanti

non avrebbon rossore i numi istessi.

MEG. (Ah così nol sapessi!)

LIC. Oh, se tu vinci,

chi più lieto di me! Megacle istesso

quanto mai ne godrà! ; non avrai

piacer del piacer mio?

MEG. Grande.

LIC. Il momento,

che ad Aristea m'annodi,

Megacle, , non ti parrà felice?

MEG. Felicissimo. (Oh dei!)

LIC. Tu non vorrai

pronubo accompagnarmi

al talamo nuzial?

MEG. (Che pena!)

LIC. Parla.

MEG. Sì; come vuoi. (Qual nuova specie è questa

di martirio e d'inferno!)

LIC. Oh quanto il giorno

lungo è per me! Che l'aspettare uccida

nel caso, in cui mi vedo,

tu non credi, o non sai.

MEG. Lo so, lo credo.

LIC. Senti, amico. Io mi fingo

già l'avvenir: già col desio possiedo

la dolce sposa.

MEG. (Ah questo è troppo!)

LIC. E parmi...

MEG. Ma taci: assai dicesti. Amico io sono;

il mio dover comprendo;

ma poi...

LIC. Perché ti sdegni? In che t'offendo?

MEG. (Imprudente, che feci!) Il mio trasporto

è desio di servirti. Io stanco arrivo

da cammin lungo: ho da pugnar: mi resta

picciol tempo al riposo, e tu mel togli.

LIC. E chi mai ti ritenne

di spiegarti fin ora?

MEG. Il mio rispetto.

LIC. Vuoi dunque riposar?

MEG. Sì.

LIC. Brami altrove

meco venir?

MEG. No.

LIC. Rimaner ti piace

qui fra quest'ombre?

MEG. Sì.

LIC. Restar degg'io?

MEG. No.

LIC. (Strana voglia!) E ben, riposa: addio.

Mentre dormi, Amor fomenti

il piacer de' sonni tuoi

con l'idea del mio piacer.

Abbia il rio passi più lenti;

e sospenda i moti suoi

ogni zeffiro leggier.

 




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