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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena decima - Aristea, Megacle

 

ARI. Stranier.

MEG. Chi mi sorprende?

ARI. (Oh stelle!)

MEG. (Oh dei!)

ARI. Megacle! mia speranza!

Ah sei pur tu? Pur ti riveggo? Oh Dio!

di gioia io moro; ed il mio petto appena

può alternare i respiri. Oh caro! Oh tanto

e sospirato e pianto

e richiamato in vano! Udisti al fine

la povera Aristea. Tornasti: e come

opportuno tornasti! Oh Amor pietoso!

Oh felici martìri!

Oh ben sparsi fin or pianti e sospiri!

MEG. (Che fiero caso è il mio!)

ARI. Megacle amato,

e tu nulla rispondi?

E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto

cambiarti di color? Quel non mirarmi

che timido e confuso? E quelle a forza

lagrime trattenute? Ah! più non sono

forse la fiamma tua? Forse...

MEG. Che dici!

Sempre... Sappi... Son io...

Parlar non so. (Che fiero caso è il mio!)

ARI. Ma tu mi fai gelar. Dimmi: non sai

che per me qui si pugna?

MEG. Il so.

ARI. Non vieni

ad esporti per me?

MEG. Sì.

ARI. Perché mai

dunque sei così mesto?

MEG. Perché... (Barbari dei, che inferno è questo!)

ARI. Intendo: alcun ti fece

dubitar di mia . Se ciò t'affanna,

ingiusto sei. Da che partisti, o caro,

non son rea d'un pensier. Sempre m'intesi

la tua voce nell'alma: ho sempre avuto

il tuo nome fra' labbri,

il tuo volto nel cor. Mai d'altri accesa

non fui, non sono, e non sarò. Vorrei...

MEG. Basta: lo so.

ARI. Vorrei morir più tosto

che mancarti di fede un sol momento.

MEG. (Oh tormento maggior d'ogni tormento!)

ARI. Ma guardami, ma parla,

ma ...

MEG. Che posso dir?

ALC. Signor, t'affretta,

se a combatter venisti. Il segno è dato,

che al gran cimento i concorrenti invita.

MEG. Assistetemi, o numi. Addio, mia vita.

ARI. E mi lasci così? Va; ti perdono,

pur che torni mio sposo.

MEG. Ah sì gran sorte

non è per me!

ARI. Senti. Tu m'ami ancora?

MEG. Quanto l'anima mia.

ARI. Fedel mi credi?

MEG. Sì, come bella.

ARI. A conquistar mi vai?

MEG. Lo bramo almeno.

ARI. Il tuo valor primiero

hai pur?

MEG. Lo credo.

ARI. E vincerai?

MEG. Lo spero.

ARI. Dunque allor non son io,

caro, la sposa tua?

MEG. Mia vita... Addio.

Ne' giorni tuoi felici

ricordati di me.

ARI. Perché così mi dici,

anima mia, perché?

MEG. Taci, bell'idol mio.

ARI. Parla, mio dolce amor.

MEG. Ah che parlando oh Dio!

ARI. Ah che tacendo oh Dio!

A DUE tu mi trafiggi il cor.

ARI. (Veggio languir chi adoro,

intendo il suo languir).

MEG. (Di gelosia mi moro,

e non lo posso dir).

A DUE Chi mai provò di questo

affanno più funesto,

più barbaro dolor!

 

 




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