- ATTO SECONDO
- Scena ottava - Megacle, Licida, Aristea
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MEG. (Fra l'amico e l'amante,
che farò sventurato!)
LIC. All'idol mio
è tempo ch'io mi scopra.
MEG. (Aspetta). Oh Dio!
ARI. Sposo, alla tua consorte
non celar che t'affligge.
MEGACLE (Oh pena! Oh morte!)
LIC. L'amor mio, caro amico,
non soffre indugio.
ARI. Il tuo silenzio, o caro,
mi cruccia, mi dispera.
MEG. (Ardir mio core:
finiamo di morir). Per pochi
istanti
allontanati, o prence.
LIC. E qual ragione?...
MEG. Va: fidati di me. Tutto
conviene
ch'io spieghi ad Aristea.
LIC. Ma non poss'io
esser presente?
MEG. No: più che non credi
delicato è l'impegno.
LIC. E ben, tu 'l vuoi,
io lo farò. Poco mi scosto: un
cenno
basterà perch'io torni. Ah!
pensa, amico,
di che parli, e per chi. Se nulla
mai
feci per te, se mi sei grato e
m'ami,
mostralo adesso. Alla tua fida
aìta
la mia pace io commetto e la mia
vita.
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