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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena sesta - Coro, Clistene, Alcandro

 

Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in vari piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.

 

CORO I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

PARTE DEL CORO Fumi il tempio del sangue d'un empio,

che oltraggiò con insano furore,

sommo Giove, un'immago di te.

CORO I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

PARTE DEL CORO L'onde chete del pallido Lete

l'empio varchi; ma il nostro timore

ma il suo fallo portando con sé.

CORO I tuoi strali terror de' mortali

ah! sospendi, gran padre de' numi,

ah! deponi, gran nume de' re.

CLIST. Giovane sventurato, ecco vicino

de' tuoi miseri l'ultimo istante.

Tanta pietade (e mi punisca Giove

se adombro il ver) tanta pietà mi fai,

che non oso mirarti. Il Ciel volesse

che potess'io dissimular l'errore:

ma non lo posso, o figlio. Io son custode

della ragion del trono. Al braccio mio

illesa altri la diede;

e renderla degg'io

illesa o vendicata a chi succede.

Obbligo di chi regna

necessario è così, come penoso,

il dover con misura esser pietoso.

Pur se nulla ti resta

a desiar, fuor che la vita, esponi

libero il tuo desire. Esserne io giuro

fedele esecutor. Quanto ti piace,

figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.

LIC. Padre, che ben di padre,

non di giudice e re, que' detti sono,

non merito perdono,

non lo spero, nol chiedo, e nol vorrei.

Afflisse i giorni miei

di tal modo la sorte,

ch'io la vita pavento, e non la morte.

L'unico de' miei voti

è il riveder l'amico

pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,

l'ultima grazia imploro

d'abbracciarlo una volta, e lieto io moro.

CLIST. T'appagherò. Custodi,

Megacle a me.

ALC. Signor, tu piangi! E quale

eccessiva pietà l'alma t'ingombra?

CLIST. Alcandro, lo confesso,

stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,

la voce di costui nel cor mi desta

un palpito improvviso,

che lo risente in ogni fibra il sangue.

Fra tutti i miei pensieri

la cagion ne ricerco, e non la trovo.

Che sarà, giusti dei, questo ch'io provo?

Non so donde viene

quel tenero affetto

quel moto, che ignoto

mi nasce nel petto;

quel gel, che le vene

scorrendo mi va.

Nel seno a destarmi

fieri contrasti

non parmi che basti

la sola pietà.

 




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