- ATTO TERZO
- Scena nona - Aristea, Clistene, Argene
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ARI. Credimi, o padre,
è degna di pietà.
CLIST. Dunque volete
ch'io mi riduca a delirar con
voi?
Parla; ma siano brevi i detti
tuoi.
ARG. Parlino queste gemme,
io tacerò. Van di tai fregi
adorne
in Elide le ninfe?
CLIST. Aimè, che miro!
Alcandro riconosci
questo monil?
ALC. Se il riconosco? È quello
che al collo avea, quando
l'esposi all'onde,
il tuo figlio bambin.
CLIST. Licida (oh Dio!
tremo da capo a piè). Licida,
sorgi,
guarda: è ver che costei
l'ebbe in dono da te?
LIC. Però non debbe
morir per me. Fu la promessa
occulta,
non ebbe effetto; e col solenne
rito
l'imeneo non si strinse.
CLIST. Io chiedo solo
se il dono è tuo.
LIC. Sì.
CLIST. Da qual man ti venne?
LIC. A me donollo Aminta.
CLIST. E questo Aminta
chi è?
LIC. Quello a cui diede
il genitor degli anni miei la
cura.
CLIST. Dove sta?
LIC. Meco venne;
meco in Elide è giunto.
CLIST. Questo Aminta si cerchi.
ARG. Eccolo appunto.
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