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Pietro Metastasio
Olimpiade

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Scena decima - Aminta, Clistene, Alcandro, Coro di sacerdoti e popolo

 

AMI. Ah, Licida...

CLIST. T'accheta.

Rispondi, e non mentir. Questo monile

donde avesti?

AMI. Signor, da mano ignota,

già scorse il quinto lustro

ch'io l'ebbi in don.

CLIST. Dov'eri allor?

AMI. , dove

in mar presso a Corinto

sbocca il torbido Asopo.

ALC. (Ah! ch'io rinvengo

delle note sembianze

qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno:

certo egli è desso). Ah! d'un antico errore

mio re, son reo. Deh mel perdona: io tutto

fedelmente dirò.

CLIST. Sorgi, favella.

ALC. Al mar, come imponesti,

non esposi il bambin: pietà mi vinse.

Costui straniero, ignoto

mi venne innanzi, e gliel donai, sperando

che in rimote contrade

tratto l'avrebbe.

CLIST. E quel fanciullo, Aminta,

dov'è? Che ne facesti?

AMI. Io... (Quale arcano

ho da scoprir!)

CLIST. Tu impallidisci! Parla,

empio; , che ne fu? Tacendo aggiungi

all'antico delitto error novello.

AMI. L'hai presente, o signor: Licida è quello.

CLIST. Come! non è di Creta

Licida il prence?

AMI. Il vero prence in fasce

finì la vita. Io, ritornato appunto

con lui bambino in Creta, al re dolente

l'offersi in dono: ei dell'estinto in vece

al trono l'educò per mio consiglio.

CLIST. Oh numi! ecco Filinto, ecco il mio figlio.

ARI. Stelle!

LIC. Io tuo figlio?

CLIST. Sì. Tu mi nascesti

gemello ad Aristea. Delfo m'impose

d'esporti al mar bambino, un parricida

minacciandomi in te.

LIC. Comprendo adesso

l'orror che mi gelò, quando la mano

sollevai per ferirti.

CLIST. Adesso intendo

l'eccessiva pietà, che nel mirarti

mi sentivo nel cor.

AMI. Felice padre!

ALC. Oggi molti in un punto

puoi render lieti.

CLIST. E lo desio. D'Argene

Filinto il figlio mio,

Megacle d'Aristea vorrei consorte;

ma Filinto, il mio figlio, è reo di morte.

MEG. Non è più reo, quando è tuo figlio.

CLIST. È forse

la libertà de' falli

permessa al sangue mio? Qui viene ogni altro

valore a dimostrar, l'unico esempio

esser degg'io di debolezza? Ah questo

di me non oda il mondo. Olà, ministri,

risvegliate su l'ara il sacro fuoco.

Va, figlio, e mori. Anch'io morrò fra poco.

AMI. Che giustizia inumana!

ALC. Che barbara virtù!

MEG. Signor, t'arresta.

Tu non puoi condannarlo. In Sicione

sei re, non in Olimpia. È scorso il giorno,

a cui tu presiedesti. Il reo dipende

dal pubblico giudizio.

CLIST. E ben s'ascolti

dunque il pubblico voto. A prò del reo

non prego, non comando, e non consiglio.

 

CORO DI SACERDOTI E POPOLO

Viva il figlio delinquente,

perché in lui non sia punito

l'innocente genitor.

funesti il presente,

disturbi il sacro rito

un'idea di tanto orror.

 




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