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Pietro Metastasio
Il re pastore

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Vasta ed amena campagna irrigata dal fiume Bostreno, sparsa di greggi e pastori. Largo, ma rustico ponte sul fiume. Innanzi, tuguri pastorali. Veduta della città di Sidone in lontano.

 

Aminta, assiso sopra un sasso, cantando al suono delle avene pastorali; indi Elisa

 

AMIN.

Intendo, amico rio,

Quel basso mormorio;

Tu chiedi in tua favella:

‘Il nostro ben dov’è?’

Intendo, amico rio... (vedendo Elisa, getta le avene e corre ad incontrarla)

 

Bella Elisa, idol mio,

Dove?

ELI.

A te, caro Aminta. (lieta e frettolosa)

AMIN.

Oh dèi! non sai

Che il campo d’Alessandro

Quindi lungi non è? che tutte infesta

Queste amene contrade

Il Macedone armato?

ELI.

Il so.

AMIN.

Ma dunque

Perché sola t’esponi all’insolente

Licenza militar?

ELI.

Rischio non teme,

Non ode amor consiglio.

Il non vederti è il mio maggior periglio.

AMIN.

E per me...

ELI.

Deh! m’ascolta. Ho colmo il core

Di felici speranze, e non ho pace

Fin che con te non le divido.

AMIN.

Altrove

Più sicura potrai...

ELI.

Ma d’Alessandro

Fai torto alla virtù. Son della nostra

Sicurezza custodi

Quelle schiere che temi. Ei da un tiranno

Venne Sidone a liberar; né vuole

Che sia vendita il dono:

Ne franse il giogo, e ne ricusa il trono.

AMIN.

Chi sarà dunque il nostro re?

ELI.

Si crede

Che, ignoto anche a se stesso, occulto viva

Il legittimo erede.

AMIN.

E dove...

ELI.

Ah! lascia

Che Alessandro ne cerchi. Odi. La mia

Pietosa madre... oh cara madre!... al fine

Già l’amor mio seconda; ella de’ nostri

Sospirati imenei

Va l’assenso a implorar dal genitore,

E l’otterrà: me lo predice il core.

AMIN.

Ah!

ELI.

Tu sospiri, Aminta?

Che vuol dir quel sospiro?

AMIN.

Contro il destin m’adiro,

Che sì poco mi fece

Degno, Elisa, di te. Tu vanti il chiaro

Sangue di Cadmo; io, pastorello oscuro,

Ignoro il mio. Tu abbandonar dovrai

Per me gli agi paterni: offrirti in vece

Io non potrò, nella mia sorte umìle,

Che una povera greggia, un rozzo ovile.

ELI.

Non lagnarti del Ciel: prodigo assai

Ti fu de’ doni suoi. Se l’ostro e l’oro

A te negò, quel favellar, quel volto,

Quel cor ti diè. Non le ricchezze o gli avi:

Cerco Aminta in Aminta, ed amo in lui

Fin la sua povertà. Dal primiero

Che ancor bambina io lo mirai, mi parve

Amabile, gentile

Quel pastor, quella greggia e quell’ovile;

E mi restò nel core

Quell’ovil, quella greggia e quel pastore.

AMIN.

Oh mia sola, oh mia vera

Felicità! quei cari detti...

ELI.

Addio.

Corro alla madre e vengo a te. Fra poco

Io non dovrò mai più lasciarti: insieme

Sempre il sol noi vedrà, parta o ritorni.

Oh dolce vita! oh fortunati giorni!

 

Alla selva, al prato, al fonte

Io n’andrò col gregge amato;

E alla selva, al fonte, al prato

L’idol mio con me verrà.

In quel rozzo angusto tetto,

Che ricetto a noi darà,

Con la gioia e col diletto

L’innocenza albergherà. (parte)

 

 

 




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