AGEN.
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(Or per la mia Tamiri
È tempo di parlar).
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ALESS.
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La gloria mia
Me fra lunghi riposi,
Agenore, non soffre. Oggi a Sidone
Il suo re donerò: col nuovo
giorno
Partir vogl’io; ma, tel confesso, appieno
Soddisfatto non parto. Il vostro giogo
Io fransi, è vero; io ritornai
lo scettro
Nella stirpe real; nel saggio Aminta
Un buon re lascio al regno, un
vero amico
In Agenore al re. Sarebbe forse
Onorata memoria il nome mio
Lungamente fra voi. Tamiri, oh
dèi!
Sol Tamiri l’oscura. Ov’ella giunga
Fuggitiva, raminga,
Di me che si dirà? che un empio
io sono,
Un barbaro, un crudel.
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AGEN.
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Degna è di scusa,
Se figlia d’un tiranno, ella temea...
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ALESS.
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Questo è il suo fallo: e che temer dovea?
Se Alessandro punisce
Le colpe altrui, le altrui virtudi
onora.
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AGEN.
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L’Asia non vide altri Alessandri
ancora.
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ALESS.
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Quanta gloria m’usurpa! Io lascerei
Tutti felici. Ah! per lei sola
or questa
Riman del mio valore orma
funesta.
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AGEN.
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(Coraggio!)
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ALESS.
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Avrei potuto
Altrui mostrar, se non fuggia Tamiri,
Ch’io distinguer dal reo so
l’innocente.
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AGEN.
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Non lagnarti. Il potrai.
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ALESS.
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Come!
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AGEN.
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È presente.
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ALESS.
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AGEN.
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Tamiri.
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ALESS.
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E mel taci?
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AGEN.
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Il seppi
appena
Che a te venni; e or volea...
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ALESS.
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Corri! t’affretta!
Guidala a me.
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AGEN.
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Vado e ritorno. (in atto di
partire)
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ALESS.
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Aspetta. (pensa)
(Ah! sì: mai più bel nodo (risoluto
da sé)
Non strinse Amore). Or sì contento appieno
Partir potrò. Vola a Tamiri, e dille
Ch’oggi al nuovo sovrano
Io darò la corona, ella la mano.
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AGEN.
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La man!
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ALESS.
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Sì, amico. Ah! con un sol
diadema
Di due bell’alme
io la virtù corono.
Ei salirà sul trono,
Senza ch’ella ne scenda; e a
voi la pace,
La gloria al nome mio
Rendo così: tutto assicuro.
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AGEN.
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(Oh Dio!)
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ALESS.
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Tu impallidisci e taci!
Disapprovi il consiglio? È pur Tamiri...
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AGEN.
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Degnissima del trono.
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ALESS.
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È un tal pensiero...
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AGEN.
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Degnissimo di te.
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ALESS.
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Di quale affetto
Quel tacer dunque è segno e quel pallore?
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AGEN.
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Di piacer, di rispetto e di stupore.
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ALESS.
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Se vincendo vi rendo
felici,
Se partendo non lascio
nemici,
Che bel giorno fia questo per me!
De’ sudori, ch’io spargo pugnando,
Non dimando più bella
mercé. (parte)
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