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Pietro Metastasio
Romolo ed Ersilia

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SCENA TERZA

 

Ersilia sola.

 

ERS.

Dove m’ascondo! Ah! queste

Mal meritate lodi all’alma mia

Son rimproveri acerbi. Ersilia, e soffri

Che un genitore ammiri

La virtù che non hai? che a questo segno

T’applaudisca, t’onori,

T’ami ingannato? E di rossor non mori?

Né tua ragion si scuote

Agli elogi paterni? e a meritarli

Non ti senti valor? L’avrei fuggendo;

Ma di Romolo a fronte,

Oh Dio, non m’assicuro;

Per prova io so quanto il cimento è duro.

Dunque sarà l’amarlo (siede)

Per me necessità? Dunque a me sola

Dell’arbitrio natio sarà dal Cielo

La libertà negata? Ah no! Ripiglia,

Ersilia, il fren de’ contumaci affetti,

Che incauta abbandonasti. Una verace

Risoluta virtù non trova impresa

Impossibile a lei. Sì, non pavento

Già qualunque cimento; anzi più grande

Fa più bello il trionfo. I miei fin ora

Mal sofferti deliri ecco abbandono.

Del mio voler signora

Esser degg’io, lo posso, il voglio, e sono.

Dov’è Romolo, Ostilio? (si alza risoluta)

 

 

 




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