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Pietro Metastasio
Semiramide

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SCENA TERZA

 

Semiramide, Scitalce, Mirteo, Ircano e Sibari

 

SEMIR.

(Il mio bene è in periglio

Per essermi fedel).

IRC.

Scitalce, andiamo:

All’offesa Tamiri

Il dono offrir della tua testa io voglio.

SCIT.

Vengo; e di tanto orgoglio

Arrossir ti farò. (in atto di partire con Ircano)

SEMIR.

(Stelle, che fia!)

MIR.

Arrestatevi, olà; l’impresa è mia.

IRC.

Io primiero al cimento

Chiamai Scitalce.

MIR.

Io difensor più giusto

Son di Tamiri.

IRC.

Ella di te non cura,

Né mai ti scelse.

MIR.

Ella ti sdegna, offesa

Dal tuo rifiuto.

IRC.

E tu pretendi...

MIR.

E vuoi...

SCIT.

Tacete: è vano il contrastar fra voi.

A vendicar Tamiri

Venga Ircano, Mirteo, venga uno stuolo:

Solo io sarò; né mi sgomento io solo. (in atto di partire)

SEMIR.

Fermati. (Oh Dio!)

SCIT.

Che chiedi?

SEMIR.

In questa reggia

Su gli occhi miei Tamiri

Il rifiuto soffrì: prima d’ogni altro

Io son l’offeso, e pria d’ogni altro io voglio

L’oltraggio vendicar. Qui prigioniero

Resti Scitalce, e qui deponga il brando.

Sibari, sia tuo peso

La custodia del reo.

SCIT.

Come!

SIB.

Che intendo!

SEMIR.

(Così non mi paleso e lo difendo).

SCIT.

Ch’io ceda il brando mio!

SEMIR.

Non più; così comando, il re son io.

SCIT.

Così comandi! E parli

A Scitalce così? Colpagrande

Ti sembra il mio rifiuto? Ah! troppo insulti

La sofferenza mia. Qui potrei farti

forse arrossire...

SEMIR.

Olà, t’accheta e parti.

SCIT.

Ma qual perfidia è questa? Ove mi trovo?

Nella reggia d’Assiria o fra i deserti

Dell’inospita Libia? Udiste mai

Che fosse più fallace

Il Moro infido o l’Arabo rapace?

No, no: l’Arabo, il Moro

Han più idea di dovere;

Han più fede tra loro anche le fiere. (getta la spada)

 

Voi, che le mie vicende,

Voi, che i miei torti udite,

Fuggite, sì fuggite:

Qui legge non s’intende,

Qui fedeltà non v’è.

E puoi, tiranno, e puoi (a Semiramide)

Senza rossor mirarmi?

Qual fede avrà per voi

Chi non la serba a me? (parte con Sibari)

 

 

 




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