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Pietro Metastasio
Semiramide

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SCENA DECIMA

 

Semiramide, Scitalce, Sibari

 

SEMIR.

Come mi balza in petto

Impaziente il cor! Più non poss’io

Con l’idol mio dissimular l’affetto.

SCIT.

Eccomi. A che mi chiedi?

SEMIR.

(a Scitalce)

Or lo saprai.

 

Sibari, t’allontana. (a Sibari, che parte)

SCIT.

A nuovi oltraggi

Vuoi forse espormi?

SEMIR.

Oh Dio!

Non parliam più d’oltraggi. Io di tua fede

Tutto il valor conosco.

Di Tamiri il rifiuto

M’intenerì; mi fe’ veder distinto

Che vero è l’amor tuo, che l’odio è finto.

Deh! non fingiamo più. Dimmi che vive

Nel petto di Scitalce il cor d’Idreno:

Io ti dirò che in seno

Vive del finto Nino

Semiramide tua; che per salvarti

Ti resi prigionier; ch’io fui l’istessa

Sempre per te, che ancor l’istessa io sono.

Pace, pace una volta; io ti perdono.

SCIT.

Mi perdoni! E qual fallo?

Forse i tuoi tradimenti?

SEMIR.

Oh stelle! oh dèi!

I tradimenti miei! Dirlo tu puoi?

Tu puoi pensarlo?

SCIT.

Udite! Ella s’offende,

Come mai non avesse

Tentato il mio morir, com’io veduto

Non avessi il rival, come se alcuno

Non m’avesse avvertito il mio periglio!

Rivolgi altrove, o menzognera, il ciglio.

SEMIR.

Che sento! E chi t’indusse

A credermirea?

SCIT.

So che ti spiacque:

La tua frode svanì: dell’innocenza

I numi ebber pietà.

SEMIR.

Quei numi istessi,

Se v’è giustizia in cielo,

Dell’innocenza mia facciano fede.

Io tradir l’idol mio! Tu fosti e sei

Luce degli occhi miei,

Del mio tenero cor tutta la cura.

Ah! se il mio labbro mente,

Di nuovo ingiustamente,

Come già fece Idreno,

Torni Scitalce a trapassarmi il seno.

SCIT.

Tu vorresti sedurmi un’altra volta.

Perfida, m’ingannasti:

Trionfane, e ti basti.

Più le lagrime tue forza non hanno.

SEMIR.

In vero è un grande inganno

A uno straniero in braccio

Se stessa abbandonar, lasciar per lui

La patria e il genitore.

Se questo è inganno, e qual sarà l’amore?

SCIT.

Eh! ti conosco.

SEMIR.

E mi deride! Udite

Se mostra de’ suoi falli alcun rimorso!

Io priego, egli m’insulta;

Io tutta umìle, egli di sdegno acceso;

La colpevole io sembro, ed ei l’offeso.

SCIT.

No, no, la colpa è mia; pur troppo sento

Rimorso al cor; ma sai di che? D’un colpo

Che lieve fu, né vendicommi allora.

SEMIR.

Barbaro, non dolerti: hai tempo ancora.

Eccoti il ferro mio: da te non cerco

Difendermi, o crudel. Saziati, impiaga,

Passami il cor: già la tua mano apprese

Del ferirmi le vie. Mira: son queste

L’orme del tuo furor.

SCIT.

(Se più l’ascolto,

Mi scordo i torti miei).

SEMIR.

Ti volgi altrove?

Riconoscile, ingrato, e poi mi svena.

SCIT.

Va, non ti credo.

SEMIR.

Oh crudeltade!

SCIT.

Oh pena!

SEMIR.

Crudel! morir mi vedi

E il mio dolor non credi?

E insulti il mio dolor?

SCIT.

Empia! mi sei palese,

E vanti ancor difese?

E vuoi tradirmi ancor?

SEMIR.

Che crudeltà!

SCIT.

Che inganno!

A DUE

Che affanno è quel ch’io sento!

Sei nata

} per tormento,

Sei nato

Barbara,

} del mio cor.

Barbaro,

Qual astro in ciel splendea

Quel che un’alma rea

Seppe inspirarmi amor?





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