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Pietro Metastasio
Siroe

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SCENA OTTAVA

 

Arasse e detta.

 

ARA.

Di te, germana, in traccia

Sollecito ne vengo.

LAOD.

Ed opportuno

Giungi per me.

ARA.

Più necessaria mai

L’opra tua non mi fu.

LAOD.

Né mai più ardente

Bramai di favellarti. Or sappi...

ARA.

Ascolta.

Cosroe, di sdegno acceso,

Vuol Medarse sul trono. Il cenno è dato

Del solenne apparato: il popol freme,

Mormorano le squadre.

Tu dell’ingiusto padre

Svolgi, se puoi, lo sdegno,

Ed in Siroe un eroe conserva al regno.

LAOD.

Siroe un eroe? T’inganni: ha un’alma in seno

Stoltamente feroce, un cor superbo,

Che solo è di se stesso

Insano ammirator, che altri non cura;

E che tutto in tributo

Il mondo al suo valor crede dovuto.

ARA.

Che insolita favella! E credi...

LAOD.

E credo

Necessaria per noi la sua ruina.

La caduta è vicina:

Non t’opporre alla sorte.

ARA.

E chi mai fece

Così cangiar Laodice?

LAOD.

Penetrar quest’arcano a te non lice.

ARA.

Condannerà ciascuno

Il tuo genio volubile e leggiero.

LAOD.

Costanza è spesso il variar pensiero.

 

O placido il mare

Lusinghi la sponda,

O porti con l’onda

Terrore e spavento,

È colpa del vento,

Sua colpa non è.

S’io vo con la sorte

Cangiando sembianza,

Virtù l’incostanza

Diventa per me. (parte)

 

 

 




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