EMI.

(A costei che dirò?)

LAOD.

Da’ labbri tuoi

Ora dipende, Idaspe,

Il riposo d’un regno e il mio contento.

EMI.

Di Siroe, a quel ch’io sento,

Senza noia Laodice

Le nozze accetteria.

LAOD.

Sarei felice.

EMI.

Dunque l’ami?

LAOD.

L’adoro.

EMI.

E speri la sua mano?...

LAOD.

Stringer per opra tua.

EMI.

Lo speri in vano.

LAOD.

Perché?

EMI.

Posso svelarti un mio segreto?

LAOD.

Parla.

EMI.

Del tuo sembiante,

Perdonami l’ardire, io vivo amante.

LAOD.

Di me!

EMI.

Sì. Chi mai puote

Mirar, senz’avvampar, quell’aureo crine,

Quelle vermiglie gote,

Le labbra coralline,

Il bianco sen, le belle

Due rilucenti stelle? Ah, se non credi

Qual fuoco ho in petto accolto,

Guarda, e vedrai che mi rosseggia in volto.

LAOD.

E tacesti?...

EMI.

Il rispetto

Muto fin or mi rese.

LAOD.

Ascolta, Idaspe:

Amarti non poss’io.

EMI.

Così crudele! oh Dio!

LAOD.

Se è ver che m’ami,

Servi agli affetti miei. L’amato prence,

Con virtù di te degna, a me concedi.

EMI.

Oh! questo no: troppa virtù mi chiedi.

LAOD.

Siroe si perde.

EMI.

Il Cielo

Gl’innocenti difende.

LAOD.

E se la speme

Me pietosa ti finge, ella t’inganna.

EMI.

Tanto meco potresti esser tiranna?

LAOD.

T’odierò fin ch’io viva; e non potrai

Riderti de’ miei danni.

EMI.

Saranno almen comuni i nostri affanni.

LAOD.

Amico il Fato

Mi guida in porto,

E tu spietato

Mi fai perir.

Ti renda Amore

Per mio conforto

Tutto il dolore

Che fai soffrir. (parte)