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Pietro Metastasio
Temistocle

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SCENA SETTIMA

 

Luogo magnifico destinato alle pubbliche udienze. Trono sublime da un lato. Veduta della città in lontano.

 

Temistocle e Neocle: indi Serse e Sebaste con numeroso séguito.

 

NEOC.

Padre, dove t’inoltri? Io non intendo

Il tuo pensier. Temo ogni sguardo, e parmi

Che ognun te sol rimiri. Ecco i custodi

E il re: partiam.

TEMIS.

Fra il popolo confusi

Resteremo in disparte.

NEOC.

È il rischio estremo.

TEMIS.

Più non cercar: taci una volta.

NEOC.

(Io tremo). (si ritirano da un lato)

SER.

Olà! venga e s’ascolti

Il greco ambasciador. (parte una guardia) Sebaste, e ancora

All’ire mie Temistocle si cela?

Allettano sì poco

Il mio favor, le mie promesse?

SEB.

Ascoso

Lungamente non fia: son troppi i lacci

Tesi a suo danno.

SER.

Io non avrò mai pace

Fin che costui respiri. Egli ha veduto

Serse fuggir. Fra tante navi e tante,

Onde oppressi l’Egeo, sa che la vita

A un vile angusto legno

Ei mi ridusse a confidar; che poca

Torbidacqua e sanguigna

Fu la mia sete a mendicar costretta,

E dolce la stimò bevanda eletta.

E vivrà chi di tanto

Si può vantar? No, non fia vero: avrei

Questa sempre nel cor smania inquieta. (va sul trono)

NEOC.

(Udisti?)

TEMIS.

(Udii).

NEOC.

(Dunque fuggiam).

TEMIS.

(T’accheta).

 

 

 




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