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Pietro Metastasio
Temistocle

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SCENA QUINTA

 

Aspasia, poi Lisimaco

 

ASP.

Che amari detti! O gelosia tiranna,

Come tormenti un cor! Ti provo, oh Dio!

Per Lisimaco anch’io.

LIS.

(Solo un istante

Bramerei rivederla, e poi... M’inganno?

Ecco il mio ben).

ASP.

Non può ignorar ch’io viva:

Troppo è pubblico il caso. Ah! d’altra fiamma

Arde al certo l’ingrato; ed io non posso

Ancor di lui scordarmi? Ah! sì, disciolta

Da questi lacci ormai... (volendo partire)

LIS.

Mia vita, ascolta.

ASP.

Chi sua vita mi chiama?... Oh stelle!

LIS.

Il tuo

Lisimaco fedele. A rivederti

Pur, bella Aspasia, il mio destin mi porta.

ASP.

Aspasia! Io non son quella: Aspasia è morta.

LIS.

So che la fama il disse;

So che mentì; so per quai mezzi il Cielo

Te conservò.

ASP.

Già che tant’oltre sai

Che per te più non vivo ancor saprai.

LIS.

Deh! perché mi trafiggi

crudelmente il cor?

ASP.

Merita in vero

Più di riguardo un sì fedele amico,

Un sì tenero amante. Ingrato! e ardisci,

Nemico al genitore,

Venirmi innanzi e ragionar d’amore?

LIS.

Nemico! Ah! tu non vedi

Le angustie mie. Sacro dover m’astringe

La patria ad ubbidir; ma in ogni istante

Contrasta in me col cittadin l’amante.

ASP.

Scordati l’uno o l’altro.

LIS.

Uno non deggio,

L’altro non posso; e, senza aver mai pace,

Procuro ognor quel che ottener mi spiace.

ASP.

Va, lode al Ciel, nulla ottenesti.

LIS.

Oh Dio!

Pur troppo, Aspasia, ottenni. Ah! perdonate,

Se al dolor del mio bene

Donai questo sospiro, o dèi d’Atene.

ASP.

(Io tremo!) E che ottenesti?

LIS.

Il re concede

Temistocle alla Grecia.

ASP.

Aimè!

LIS.

Pur ora

Rimandarlo promise, e la promessa

Giurò di mantener.

ASP.

Misera! (Ah! Serse

Punisce il mio rifiuto).

Lisimaco, pietà. Tu sol, tu puoi

Salvarmi il padre.

LIS.

E per qual via? M’attende

Già forse il re dove adunati sono

Il popolo e le schiere. A tutti in faccia,

Consegnarlo vorrà. Pensa qual resti

Arbitrio a me.

ASP.

Tutto, se vuoi. Concedi

Che una fuga segreta...

LIS.

Ah! che mi chiedi?

ASP.

Chiedo da un vero amante

Una prova d’amor. Non puoi scusarti.

LIS.

Oh Dio! fui cittadin prima d’amarti.

ASP.

Ed obbliga tal nome

D’un innocente a procurar lo scempio?

LIS.

Io non lo bramo: il mio dovere adempio.

ASP.

E ben, facciamo entrambi

Dunque il nostro dovere: anch’io lo faccio.

Addio.

LIS.

Dove t’affretti?

ASP.

A Serse in braccio.

LIS.

Come!

ASP.

Egli m’ama, e ch’io soccorra un padre

Ogni ragion consiglia.

Anch’io prima d’amarti ero già figlia.

LIS.

Senti. Ah! non dare al mondo

Questo d’infedeltà barbaro esempio.

ASP.

Sieguo il tuo stile: il mio dovere adempio.

LIS.

Ma sì poco ti costa...

ASP.

Mi costa poco? Ah, sconoscente! Or sappi

Per tuo rossor che, se consegna il padre,

Serse me vuol punir. Mandò poc’anzi

Il trono ad offerirmi, e questa, a cui

Nulla costa il lasciarti in abbandono,

Per non lasciarti ha ricusato il trono.

LIS.

Che dici, anima mia!

ASP.

Tutto non dissi:

Senti, crudel. Mille ragioni, il sai,

Ho d’aborrirti; e pur non posso; e pure,

Ridotta al duro passo

Di lasciarti per sempre, il cor mi sento

Sveller dal sen. Dovrei celarlo, ingrato!

Vorrei, ma non ho tanto

Valor che basti a trattenere il pianto.

LIS.

Deh! non pianger così: tutto vogl’io,

Tutto... (Ah, che dico!) Addio, mia vita, addio.

ASP.

Dove?

LIS.

Fuggo un assalto

Maggior di mia virtù.

ASP.

Se di pietade

Ancor qualche scintilla...

LIS.

Addio, non più: già il mio dover vacilla.

 

Oh dèi, che dolce incanto

È d’un bel ciglio il pianto!

Chi mai, chi può resistere?

Quel barbaro qual è?

Io fuggo, amato bene;

Ché, se ti resto accanto,

Mi scorderò d’Atene,

Mi scorderò di me. (parte)

 

 

 




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