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Pietro Metastasio
Temistocle

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SCENA SETTIMA

 

Grande e ricco padiglione Aperto da tutti i lati, sotto di cui trono alla destra, ornato d’insegne militari. Veduta di vasta pianura, occupata dall’esercito persiano disposto in ordinanza.

 

Serse e Sebaste con séguito di satrapi, guardie e popolo;

poi Temistocle, indi Lisimaco con Greci.

 

SER.

Sebaste, ed è pur vero! Aspasia dunque

Ricusa le mie nozze?

SEB.

È, al primo invito,

Ritrosa ogni beltà. Forse in segreto

Arde Aspasia per te; ma il confessarlo

Si reca ad onta, ed a spiegarsi un cenno

Brama del genitor.

SER.

L’avrà.

SEB.

Già viene

L’esule illustre e l’orator d’Atene.

SER.

Il segno a me del militare impero

Fa che si rechi.

(Serse va in trono, servito da Sebaste. Uno de’ satrapi porta sopra bacile d’oro il bastone

del comando, e lo sostiene vicino a lui. Intanto nello approssimarsi, non udito da Serse,

dice Lisimaco a Temistocle quanto siegue)

LIS.

(A qual funesto impiego,

Amico, il Ciel mi destinò! Con quanto

Rossor...)

TEMIS.

(Di che arrossisci? Io non confondo

L’amico e il cittadin. La patria è un nume,

A cui sacrificar tutto è permesso:

Anch’io, nel caso tuo, farei l’istesso).

SER.

Temistocle, t’appressa. In un raccolta

Ecco de’ miei guerrieri

La più gran parte e la miglior: non manca

A tante squadre ormai

Che un degno condottier; tu lo sarai.

Prendi: con questo scettro, arbitro e duce

Di lor ti eleggo. In vece mia punisci,

Premia, pugna, trionfa. È a te fidato

L’onor di Serse e della Persia il fato.

LIS.

(Dunque il re mi deluse,

O Aspasia lo placò).

TEMIS.

Del grado illustre,

Monarca eccelso, a cui mi veggo eletto,

In tua virtù sicuro,

Il peso accetto e fedeltà ti giuro.

Faccian gli dèi che meco

A militar per te venga Fortuna;

O, se sventura alcuna

Minacciasser le stelle, unico oggetto

Temistocle ne sia. Vincan le squadre,

Perisca il condottiero: a te ritorni

Di lauri poi, non di cipressi cinto,

Fra l’armi vincitrici il duce estinto.

LIS.

In questa guisa, o Serse,

Temistocle consegni?

SER.

Io sol giurai

Di rimandarlo in Grecia. Odi se adempio

Le mie promesse. Invitto duce, io voglio

Punito al fin quell’insolente orgoglio.

Va: l’impresa d’Egitto

Basta ogni altro a compir; va del mio sdegno

Portatore alla Grecia. Ardi, ruina,

Distruggi, abbatti, e fa che senta il peso

Delle nostre catene

Tebe, Sparta, Corinto, Argo ed Atene.

TEMIS.

(Or son perduto!)

LIS.

E ad ascoltar m’inviti...

SER.

Non più: vanne e riporta

Sì gran novella a’ tuoi. Di’ lor qual torna

L’esule in Grecia e quai compagni ei guida.

LIS.

(Oh patria sventurata! oh Aspasia infida!) (parte coGreci)

 

 

 




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