SER.
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Pur, Temistocle, al fine
Risolvesti esser mio. Torna agli amplessi
D’un re, che tanto onora... (volendo abbracciarlo)
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TEMIS.
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Ferma. (ritirandosi con rispetto)
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SER.
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E perché?
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TEMIS.
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Non ne son degno ancora.
Degno pria me ne renda
Il grand’atto a cui vengo.
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SER.
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È già su l’ara
La necessaria al rito
Ricolma tazza. Il domandato adempi
Giuramento solenne; e in lui cominci
Della Grecia il castigo.
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TEMIS.
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Esci, o signore,
Esci d’inganno. Io di venir promisi,
Non di giurar.
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SER.
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Ma tu...
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TEMIS.
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Sentimi, o Serse;
Lisimaco, m’ascolta; udite, o voi
Popoli spettatori,
Di Temistocle i sensi; e ognun ne sia
Testimonio e custode. Il fato avverso
Mi vuole ingrato o traditor. Non resta,
Fuor di queste due colpe,
Arbitrio alla mia scelta,
Se non quel della vita,
Del Ciel libero dono. A conservarmi
Senza delitto altro cammin non veggo
Che il cammin della tomba, e quello eleggo.
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LIS.
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(Che ascolto!)
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SER.
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(Eterni dèi)
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TEMIS.
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(trae dal petto il veleno) Questo, che meco
Trassi compagno al doloroso esiglio,
Pronto velen l’opra compisca. Il sacro
Licor, la sacra tazza (lo lascia cader nella tazza)
Ne sian ministri; ed all’offrir di questa
Vittima volontaria
Di fé, di gratitudine e d’onore,
Tutti assistan gli dèi.
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ASP.
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(Morir mi sento).
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SER.
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(M’occupa lo stupor).
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TEMIS.
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(a Lisimaco)
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Della mia fede
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Tu, Lisimaco, amico,
Rassicura la patria, e grazia implora
Alle ceneri mie. Tutte perdono
Le ingiurie alla fortuna,
Se avrò la tomba ove sortii la cuna.
(a Serse) Tu, eccelso re, de’ benefizi tuoi
Non ti pentir: ne ritrarrai mercede
Dal mondo ammirator. Quella, che intanto
Renderti io posso (oh dura sorte!), è solo
Confessarli e morir. Numi clementi,
Se dell’alme innocenti
Gli ultimi voti han qualche dritto in cielo,
Voi della vostra Atene
Proteggete il destin, prendete in cura
Questo re, questo regno; al cor di Serse
Per la Grecia inspirate
Sensi di pace. Ah! sì, mio re, finisca
Il tuo sdegno in un punto e il viver mio.
Figli, amico, signor, popoli, addio! (prende la tazza)
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SER.
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Ferma! che fai? Non appressar le labbra
Alla tazza letal.
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TEMIS.
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Perché?
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SER.
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Soffrirlo
Serse non debbe.
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TEMIS.
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E la cagion?
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SER.
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Son tante
Che spiegarle non so. (gli leva la tazza)
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TEMIS.
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Serse, la morte
Tormi non puoi: l’unico arbitrio è questo
Non concesso a’ monarchi.
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SER.
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(getta la tazza)
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Ah! vivi, o grande
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Onor del secol nostro. Ama, il consento,
Ama la patria tua; ne è degna: io stesso
Ad amarla incomincio. E chi potrebbe
Odiar la produttrice
D’un eroe, qual tu sei, terra felice?
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TEMIS.
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Numi! ed è ver? tant’oltre
Può andar la mia speranza?
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SER.
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Odi, ed ammira
Gl’inaspettati effetti
D’un’emula virtù. Su l’ara istessa,
Dove giurar dovevi
Tu l’odio eterno, eterna pace io giuro
Oggi alla Grecia. Ormai riposi, e debba,
Esule generoso,
A sì gran cittadino il suo riposo.
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TEMIS.
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O magnanimo re, qual nuova è questa
Arte di trionfar! D’esser sì grandi
È permesso a’ mortali? Oh Grecia! oh Atene!
Oh esiglio avventuroso!
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ASP.
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Oh dolce istante!
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NEOC.
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Oh lieto dì!
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LIS.
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Le vostre gare illustri,
Anime eccelse, a pubblicar lasciate
Ch’io voli in Grecia. Io la prometto grata
A donator sì grande,
A tanto intercessor.
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SEB.
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De’ falli miei,
Signor, chiedo il castigo. Odio una vita,
Che a te... (inginocchiandosi)
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SER.
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Sorgi, Sebaste: oggi non voglio
Respirar che contenti. A te perdono;
In libertà gli affetti
Lascio d’Aspasia; e la real mia fede
Di Rossane all’amor dono in mercede.
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ASP.
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Ah, Lisimaco!
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ROSS.
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Ah, Serse!
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TEMIS.
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Amici numi,
Deh! fate voi ch’io possa
Esser grato al mio re.
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SER.
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Da’ numi
implora
Che ti serbino in vita,
E grato mi sarai. Se con l’esempio
Di tua virtù la mia virtude accendi,
Più di quel ch’io ti do, sempre mi rendi.
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CORO
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Quando un’emula l’invita,
La virtù si fa maggior,
Qual di
face a face unita
Si raddoppia lo splendor.
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