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Pietro Metastasio Il trionfo di Clelia IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA QUARTA
Angusto delizioso ritiro di verdure nell’interno real giardino, con statue, sedili e fontane.
Porsenna e Larissa
Larissa, io non t’intendo. Ond’è che mesta Sempre mi torni innanzi? Ond’è che tanta Ti mostri de’ Romani Fervida protettrice? Ogni momento Parli di lor. N’amo, ne ammiro anch’io L’intrepida costanza Il portentoso ardir; ma, quando ad essi Tal sovrana proccuro E tai sudditi a te, fabbrico insieme La tua, la lor felicità. |
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Felici Non saranno essi a lor dispetto: ed io Lo sarò sol nell’ubbidirti. |
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E il grande Imeneo d’un Tarquinio, ed il sublime Scettro di Roma il giovanil tuo core Di gloria e di piacer non hanno acceso? |
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È un laccio l’imeneo, lo scettro è un peso. |
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Eh, son queste, o Larissa, Di rigida virtù massime austere, Piante troppo straniere D’una donzella in sen. Chi sa qual sia La nascosta cagione Che le fa germogliar? |
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Signor, tu credi... Forse... ch’io celi... Ah, padre!... |
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Oblia per ora Il padre, il re: parla all’amico, e tutto Scoprimi il cor. So che non sei capace D’affetti onde arrossirti, e non pretendo Sacrifizio da te. |
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Ben grande intanto È il donarsi a un Tarquinio. |
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E perché? |
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L’odio. |
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Ah! de’ Veienti il prence, Figlia... |
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È vero: all’amico, al padre mio... |