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Pietro Metastasio
Il trionfo di Clelia

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SCENA TREDICESIMA

 

Clelia nell’indietro alla sponda del fiume, inquieta della sorte d’Orazio;

Tarquinio nell’innanzi senza vederla.

 

TARQ.

Barbaro fato! Ah, dunque

A danno de’ Tarquinii il tuo furore

Ancor non si stancò? Di mie speranze

Il più bel filo ecco reciso. Incontro

Per tutto inciampi. Or qual cagion condusse

Orazio all’altra sponda? A’ miei fedeli

Come invisibil fu? Seppe il disegno,

O lo sognò? Son fuor di me. Si pensi

Or de’ disastri a far buon uso. Il patto

Violato da me sembri a Porsenna

Perfidia de’ Romani, e ne sia prova

Il passaggio d’Orazio.

CLEL.

Al fin la mia

Moribonda speranza or si ravviva.

La patria si salvò, lo sposo è a riva.

Qui Tarquinio! S’evìti: i miei contenti (si veggono l’un l’altro)

Non turbi un tale oggetto. (in atto di partire)

TARQ.

Ah! Clelia ingrata,

Perché fuggi da me?

CLEL.

Perché non curo

Di vederti arrossir.

TARQ.

Come è capace

Mai di tant’odio il tuo bel cor?

CLEL.

T’inganni.

Io t’odierei felice; or ti disprezzo

Traditor sfortunato.

TARQ.

Ah! tanti oltraggi

La fedeltà della mia fiamma antica

Non merita da te, bella nemica.

 

CLEL.

Io nemica! A torto il dici.

Gli hai nell’alma i tuoi nemici;

E con te l’altrui rigore

Or sarebbe crudeltà.

Soffre pena assai funesta

Un malvagio, a cui non resta

Altro frutto che il rossore

Della sua malvagità. (parte)

 

 

 




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