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Pietro Metastasio Il trionfo di Clelia IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Orti pensili corrispondenti alle camere interne di Clelia, circondati da balaustri e cancelli che chiudono l’unica uscita, donde si scende ad una solitaria ripa del Tevere, del quale si vede gran parte.
Clelia sola.
Ma Larissa che fa? La sua tardanza M’incomincia a turbar. Sa pur che il padre Contro i Romani a torto Arde di sdegno, e che, mercé la rea Calunnia di Tarquinio, Noi crede i primi assalitori. A trarre Il re d’errore, a lui condurmi, e meco Promise pur d’affaticarsi. Or come M’abbandona così! Sovrastan forse Per me nuovi disastri o nuovi inganni? Ah, non so figurarmi altro che affanni!
Tanto esposta alle sventure, Tanto al Ciel mi veggo in ira, Che ogni zeffiro che spira Parmi un turbine crudel. Segna timido e incostante Orme incerte e mal sicure, Né ritrova il piè tremante Un sentier che sia fedel.
Eccola al fin... No, m’ingannai: di Mannio È il consueto messo, e un foglio ha seco. (esce un guerriero toscano) Oimè! T’affretta, amico: ah! qui osservarti Potrebbe alcun: porgimi il foglio e parti. (le dà un foglio e parte) Che mai sarà? Ma questi I noti a me di Mannio Caratteri non son. ‘Tarquinio’! Intendo L’avventura qual sia: Mannio il foglio ha intercetto, e a me l’invia. Leggiam: ‘Già che di Roma La sperata sorpresa Il Ciel non secondò, di Clelia io voglio Assicurarmi almen. Le tue, mio fido, Parti saran raccorre Armi e destrieri, e attendermi celato Del Gianicolo a tergo: ed il rapirla Saran le mie. Pria che tramonti il sole A te con lei verrò. Dal labbro mio Ivi saprai dove condurla. Addio. Tarquinio.’ Oh fausti numi! Oh Mannio amico! oh me felice! Al fine Ecco trionfa il vero, ecco l’indarno Bramata tanto indubitata prova Della perfidia altrui. Qui di sua mano Il traditor s’accusa. Il re deluso Con rimorso vedrà di chi fin ora Fu protettor, di chi nemico; e in faccia Al mondo intier la fedeltà di Roma Più dubbia non sarà. Questo è un contento Che mi toglie a me stessa. Al re si voli, Si prevenga l’insidia. Ah, già vorrei Che scoperta ogni frode... Eterni dèi! (mentre vuole entrar frettolosa alla sinistra, vede Tarquinio da lontano) Quei che da lungi io miro, ed ha sì folto Armato stuolo appresso, Non è Tarquinio? Ah, che pur troppo è desso! Già l’enorme attentato L’empio a compir s’affretta. Ah, non credei Il rischio sì vicin! Fuggasi... e donde? A destra alcuna uscita Non ha il reale albergo; A sinistra ho Tarquinio; ho il fiume a tergo. Ah, se quindi alla ripa Fosse aperto il cammin, per l’arenoso Margine solitario inosservata Dileguarmi potrei. Tentiam quei chiusi Cancelli disserrar. (apre il cancello) Respiro. Aperto Or che un varco è alla fuga... Oimè! d’armati Quinci e quindi occupate Son da lungi le ripe: i suoi seguaci Questi saranno. Or son perduta. Aita, Consiglio, o numi! Ah, presso È già Tarquinio! Ove m’ascondo? Un ferro Chi per pietà mi porge? Chi per pietà... (pensa) Ma sino al Tebro è pure Libero il passo. Ardisci, o Clelia. A terra Vada ogni impaccio, (getta il manto) e il fiume Si varchi, o si perisca. Almen d’onore Memorabile esempio, Sarai preda dell’onde e non d’un empio. (corre e s’arresta al cancello) Grazie, o dèi protettori; inaspettato Ecco un destriero. Accetto E l’augurio e l’aita. È sicuro il tragitto; il Ciel m’invita. (scende al fiume pel cancello) |