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Pietro Metastasio Zenobia IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA TERZA
Zenobia, e Tiridate nella capanna.
ZEN. |
Povero cor, t’intendo: or che siam soli, La libertà vorresti Di poterti lagnar. No, le querele Effetto son di debolezza. Io temo, Più che l’altrui giudizio, Quel di me stessa; ed in segreto ancora M’arrossirei d’esser men forte... Ah! voi, Che inspirate a quest’alma Tanta virtù, non l’esponete, o numi, Al secondo cimento. A farne prova Basti un trionfo. A Tiridate innanzi Mai più non mi guidate. E con qual fronte Dirgli che d’altri io son? Contro il mio sposo Temerei d’irritarlo: il suo dolore Vacillar mi farebbe... Ah, se tornasse Quindi a passar! Fuggasi il rischio: asilo Mi sia questa capanna. Aimè! chi mai Veggo?... o il timor che ho nella mente impresso Mi finge... Oh stelle! è Tiridate istesso. |
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TIR. |
Senti. Or mi fuggi in van: dovunque andrai, Al tuo fianco sarò. (uscendo dalla capanna ed inseguendo Zenobia) |
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ZEN. |
Ferma! Ti sento. |
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TIR. |
Ah, Zenobia, Zenobia! |
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ZEN. |
(Ecco il cimento). |
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TIR. |
Sei tu? Son io? Così mi accogli? È questo, Principessa adorata, il dolce istante Che tanto sospirai? Sol di due lune Il brevissimo giro A cangiarti bastò? Che freddo è quello? Che composto sembiante? Ah! chi le usate Tenerezze m’invola? È sdegno? è infedeltà? No, di sì nera Taccia non sei capace: io so per prova Il tuo bel cor qual sia; Conosco, anima mia... |
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ZEN. |
Signor, già che m’astringi Teco a restar questi momenti, almeno Non si spendano in van. |
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TIR. |
Dunque ti spiace... |
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ZEN. |
Sì, mi spiace esser teco. Odimi, e dammi Prove di tua virtù. |
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TIR. |
(Tremo!) |
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ZEN. |
I legami De’ reali imenei per man del fato Si compongono in Ciel. Da’ voti nostri Non dipende la scelta. Io, se le stelle M’avesser di me stessa Conceduto l’arbitrio, in Tiridate Sol ritrovato avrei Chi rendesse felici i giorni miei. Ma questo esser non può. Da te per sempre Mi divide il destin. Piega la fronte Al decreto fatal. Vattene in pace, Ed in pace mi lascia. Agli occhi miei Non offrirti mai più. Sì gran periglio Alla nostra virtù, prence, si tolga. Questa già ci legò; questa ci sciolga. |
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TIR. |
Assistetemi, o dèi! Dunque io non deggio Mai più sperar... |
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ZEN. |
Che più sperar non hai. |
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TIR. |
Ma perché? Ma chi mai T’invola a me? Qual fallo mio... |
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ZEN. |
Non giova Questo esame penoso Che a sollevar gli affetti nostri; e noi Soggiogarli dobbiamo. Addio. Già troppo Mi trattenni con te. Non è tua colpa La cagion che ne parte, o colpa mia: Questo ti basti, e non cercar qual sia. |
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TIR. |
Barbara! e puoi con tanta Tranquillità parlar così? Non sai Che ’l mio ben, la mia pace, La mia vita sei tu? che, s’io ti perdo, Tutto manca per me? che non ebb’io Altro oggetto fin or... |
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ZEN. |
(vuol partire) |
Principe, addio. |
TIR. |
Ma spiegami... |
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ZEN. |
Non posso. |
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TIR. |
Ascoltami. |
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ZEN. |
Non deggio. |
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TIR. |
Odiarmi tanto! Fuggir dagli occhi miei! |
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ZEN. |
Ah! signor, se t’odiassi, io resterei. Temo la tua presenza: ella è nemica Del mio dover. La mia ragione è forte; Ma il tuo merito è grande. Ei basta almeno A lacerarmi il core, Se non basta a sedurlo. Oh Dio! nol vedi Che innanzi a te... che rammentando... Ah! parti: Troppo direi. Rispetta La mia, la tua virtù. Sì, te ne priego Per tutto ciò che hai di più caro in terra O di più sacro in ciel, per quell’istesso Tenero amor che ci legò, per quella Bell’alma che hai nel sen, per questo pianto Che mi sforzi a versar: lasciami, fuggi, Evitami, signore. |
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TIR. |
E non degg’io Rivederti mai più? |
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ZEN. |
No, se la pace, No, se la gloria mia, prence, t’è cara. |
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TIR. |
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ZEN. |
Va, ti consola, addio; E da me lungi almeno Vivi più lieti dì. |
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TIR. |
Come! tiranna! Oh Dio! Strappami il cor dal seno, Ma non mi dir così. |
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ZEN. |
L’alma gelar mi sento. |
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TIR. |
Sento mancarmi il cor. |
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A DUE |
Oh che fatal momento! Che sfortunato amor! Questo è morir d’affanno; Né que’ felici il sanno, Che sì penoso stato Non han provato ancor.
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(Prima che termini il duetto, comparisce Zopiro in lontano, e s’arresta ad osservar Zenobia e Titridate, che partono poi senza vederlo) |