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Pietro Metastasio
Zenobia

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SCENA SESTA

 

Radamisto e poi Zopiro

 

RAD.

Oh generosa, oh degna

Di men barbaro sposo,

Principessa fedel! Chi udì, chi vide

Maggior virtù? Voi, che oscurar vorreste

Con maligne ragioni

La gloria femminil, ditemi voi

Se han virtù più sublime i nostri eroi.

ZOP.

Dove, principe, dove

T’aggiri mai? Così m’attendi?

RAD.

Ah! vieni,

De’ miei prosperi eventi

Vieni a goder. La mia Zenobia...

ZOP.

È in vita,

Lo so.

RAD.

Lo sai?

ZOP.

Così mi fosse ignoto!

RAD.

Perché?

ZOP.

Perché... Non lo cercar. Di lei

Scordati, Radamisto: è poco degna

Dell’amor tuo.

RAD.

Ma la cagion?

ZOP.

Che giova

Affliggerti, o signor?

RAD.

Parla: m’affliggi

Più col tacer.

ZOP.

Dunque ubbidisco. Io vidi

La tua sposa infedel... Ma già cominci,

Principe, a impallidir! Perdona: è meglio

Ch’io taccia.

RAD.

Ah! se non parli... (minacciandolo)

ZOP.

E ben, tu il vuoi:

Non lagnarti di me. Poc’anzi io vidi

Qui col suo Tiridate

La tua sposa infedel: parlar d’amore

Gli udii celato. Ei rammentava a lei

Le sue promesse; ella giurava a lui

Che l’antica nel sen fiamma segreta

Ognor più viva...

RAD.

Ah! mentitor, t’accheta.

Io conosco Zenobia: ella è incapace

Di tal malvagità.

ZOP.

Tutto degg’io

Da te soffrir; ma la mia pena, o prence,

Nel vederti tradito

Non meritò questa mercé. Tu stesso

A parlar mi costringi, e poscia...

RAD.

Oh Dio!

Non vorrei dubitar.

ZOP.

Senza ch’io parli,

Non conosci abbastanza

Ch’ella fugge da te? Forse non sai

Ch’ella amò Tiridate

Più di se stessa, e che un amor primiero

Mai non s’estingue?

RAD.

Ah, che pur troppo è vero!

ZOP.

(Già si spande il velen).

RAD.

Numi! e a tal segno

Son le donne incostanti? Oh fortunati

Voi, primi abitatori

Dell’arcadi foreste,

S’è pur ver che da’ tronchi al dì nasceste!

ZOP.

Pria di te Tiridate

Ebbe il cor di Zenobia; e fin ch’ei viva,

Signor, l’avrà.

RAD.

L’avrà per poco: io volo

A trafiggergli il sen.

ZOP.

Ferma: che speri?

In mezzo a’ suoi guerrieri

T’esponi in van. Se in solitaria parte

Lungi da’ suoi trar si potesse...

RAD.

E come?

ZOP.

Chi sa? Pensiam. Bisogna

Il colpo assicurar.

RAD.

Ma il furor mio

Non soffre indugi.

ZOP.

Ascolta. Un finto messo

A nome di Zenobia in loco ascoso

Farò che il tragga.

RAD.

E s’ei diffida? Almeno

D’uopo sarebbe accreditar l’invito

Con qualche segno... Ah! taci: eccolo. Prendi

Quest’anel di Zenobia: a lei partendo

Il donò Tiridate; ed essa il giorno

De’ fatali imenei, quasi volesse

Depor del primo amore

Affatto ogni memoria, a me lo diede.

Falso pegno di fede

Se fummi allor, fido stromento adesso

Sia di vendetta.

ZOP.

(Oh sorte amica!) Attendi

Alla nascosta valle,

Dove pria t’incontrai.

RAD.

Ma...

ZOP.

Della trama

A me lascia il governo.

RAD.

Ricordati che ho in sen tutto l’inferno.

 

Non respiro che rabbia e veleno;

Ho d’Aletto le faci nel seno,

Di Megera le serpi nel cor.

No, d’affanno quest’alma non geme;

Ma delira, ma smania, ma freme,

Tutta immersa nel proprio furor. (parte)

 

 

 




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