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Pietro Metastasio Zenobia IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA SETTIMA
Egle, da prima non veduta, e detti.
MIT. |
La vita Di Radamisto ecco in tua man. (a Tiridate) |
EGLE |
(Che sento!) |
MIT. |
Punisci il traditor. |
TIR. |
Sì, andiam. (vuol partire) |
EGLE |
T’arresta, Prence: ove corri? incrudelir non déi Contro quell’infelice. |
TIR. |
E te chi muove D’un perfido in difesa? |
EGLE |
Io non lo credo, Signor, sì reo. |
TIR. |
Ma di Zenobia il padre A tradimento oppresse. |
MIT. |
E poi la figlia Tentò svenar. Non m’ingannò chi vide L’atto crudel. |
EGLE |
Pensaci meglio. A tutto Prestar fé non bisogna; e co’ nemici Più bella è la pietà. |
TIR. |
Le proprie offese Posso obliar; ma di Zenobia i torti Perdonargli io non posso. A lei quel sangue Si deve in sacrifizio. |
EGLE |
Io t’assicuro Ch’ella nol chiede. |
TIR. |
E non richiesto appunto Ha merito il servir. (vuol partire) |
EGLE |
Fermati, oh dèi! Credi: non parlo in van. Se ami Zenobia, Radamisto rispetta: il troppo zelo T’espone a un grande errore; Tu vuoi servirla, e le trafiggi il core. |
TIR. |
Ma perché? L’ama forse? |
EGLE |
Ella?... Se brami... Io dovrei... (Troppo dico). |
TIR. |
Ah! ti confondi. Mitrane, io son di gel. Fu Radamisto Già mio rival; sta in queste selve ascoso, Dov’è Zenobia ancora; ei la difende; Ella il volea seguir; me più non cura; Egle m’avverte... Ah! per pietà palesa, Pastorella gentil, ciò che ne sai. |
EGLE |
Altro dir non poss’io: già dissi assai. |
TIR. |
Aimè! Qual fredda mano Mi si aggrava sul cor! che tormentoso Dubbio è mai questo! Io non ho più riposo.
Si soffre una tiranna, Lo so per prova anch’io; Ma un’infedele, oh Dio! No, non si può soffrir. Ah! se il mio ben m’inganna, Se già cambiò pensiero, Pria ch’io ne sappia il vero Fatemi, o dèi, morir. (parte) |