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Pietro Metastasio Adriano in Siria IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA DODICESIMA
Cortili del palazzo imperiale con veduta interrotta d’una parte del medesimo,
che soggiace ad incendio, ed è poi diroccata da guastatori. Notte.
Osroa dalla reggia con face nella destra e spada nuda nella sinistra.
Séguito d’incendiari parti, e poi Farnaspe
OSR. |
Feroci Parti, al nostro ardir felice Arrise il Ciel. Della nemica reggia Volgetevi un momento Le ruine a mirar. Pure è sollievo, Nelle perdite nostre, Quest’ombra di vendetta. Oh, come scorre L’appreso incendio, e quanti al cielo innalza Globi di fumo e di faville! Ah, fosse Raccolto in quelle mura, Ch’or la partica fiamma abbatte e doma, Tutto il Senato, il Campidoglio e Roma! |
FARN. |
Osroa, mio re! |
OSR. |
Guarda, Farnaspe. È quella Opera di mia man. (accennando l’incendio) |
FARN. |
Numi! E la figlia? |
OSR. |
Chi sa? Fra quelle fiamme, Col suo Cesare avvolta, Forse de’ torti tuoi paga le pene. |
FARN. |
Ah, Emirena! ah, mio bene! (vuol partire) |
OSR. |
Ascolta. E dove? |
FARN. |
A salvarla e morir. (come sopra) |
OSR. |
Come! Un’ingrata, Che ci manca di fé, pone in oblio... |
FARN. |
È spergiura, lo so; ma è l’idol mio. (getta il manto, ed entra tra le fiamme e le ruine della reggia) |