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Pietro Metastasio
Adriano in Siria

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SCENA QUINTA

 

Emirena, Adriano ed Osroa

 

ADRI.

Bellissima Emirena... (incontrandola)

OSR.

(ad Adriano)

A lei primiero

Meglio sarà ch’io tutto spieghi.

ADRI.

È vero.

EMIR.

(Perché son così lieti?)

OSR.

E pure, o figlia,

Fra le miserie nostre abbiamo ancora

Di che goder. Lo crederesti? Io trovo

Nella bellezza tua tutto il compenso

Delle perdite mie.

EMIR.

Che dir mi vuoi!

ADRI.

Quella fiamma verace... (ad Emirena)

OSR.

Lasciami terminar. (ad Adriano)

ADRI.

Come a te piace.

OSR.

Tal virtù ne’ tuoi lumi (ad Emirena)

Raccolse amico il Ciel, che, fatto servo,

Il nostro vincitor per te sospira.

Offre tutto per te: scorda gli oltraggi:

S’abbassa alle preghiere; odia la vita

Senza di te, che per suo nume adora.

ADRI.

Tu dunque puoi... (ad Emirena)

OSR.

(ad Adriano)

Non ho finito ancora.

ADRI.

(Mi fa morir questa lentezza). (da sé)

OSR.

Io voglio...

Senti, o figlia, e scolpisci

Questo del genitore ultimo cenno

Nel più sacro dell’alma. Io voglio almeno

In te lasciar, morendo,

La mia vendicatrice. Odia il tiranno,

Com’io l’odiai fin ora; e questa sia

L’eredità paterna.

ADRI.

Osroa, che dici!

OSR.

Né timor né speranza

T’unisca a lui; ma forsennato, afflitto

Vedilo a tutte l’ore

Fremer di sdegno e delirar d’amore.

ADRI.

Giusti dèi! son schernito.

OSR.

Parli Cesare adesso: Osroa ha finito.

ADRI.

Sconsigliato! infelice! e non avvedi

Che tu il fulmine accendi

Che opprimer ti dovrà?

OSR.

Smania, o superbo:

Son le tue furie il mio trionfo.

ADRI.

Oh numi!

Qual rabbia! qual veleno!

Che sguardi! che parlar! Tanto alle fiere

Può l’uomo assomigliar! Stupisco a segno

Che scema lo stupor forza allo sdegno.

 

Barbaro, non comprendo

Se sei feroce o stolto:

Se ti vedessi in volto,

Avresti orror di te.

Orsa nel sen piagata,

Serpe nel suol calcata,

Leon ch’apre gli artigli,

Tigre che perda i figli,

Fiera così non è. (parte)

 

 

 




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