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Pietro Metastasio
Adriano in Siria

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SCENA SESTA

 

Osroa ed Emirena

 

OSR.

Figlia, s’è ver che m’ami, ecco il momento

Di farne prova. Un genitor soccorri,

Che ti chiede pietà.

EMIR.

Se basta il sangue,

È tuo: lo spargerò.

OSR.

Toglimi all’ire

Del tiranno roman. Senza catene

Ti veggo pur.

EMIR.

Sì: ci conobbe Augusto

D’ogn’insidia innocenti, e le disciolse

A Farnaspe ed a me. Ma qual soccorso

Perciò posso recarti?

OSR.

Un ferro, un laccio,

Un veleno, una morte,

Qualunque sia.

EMIR.

Padre, che dici? Queste

Sarian prove d’amor? La figlia istessa

Scellerata dovrebbe... Ah! senza orrore

Non posso immaginarlo. In van lo speri.

Il cor l’opra aborrisce; e, quando il core

Fosse tanto inumano,

Sapria nell’opra istupidir la mano.

OSR.

Va! ti credea più degna

Dell’origine tua. Tremi di morte

Al nome sol! Con più sicure ciglia

Riguardarla dovria d’Osroa una figlia.

 

Non ritrova un’alma forte

Che temer nell’ore estreme:

La viltà di chi lo teme

Fa terribil il morir.

Non è ver che sia la morte

Il peggior di tutti i mali:

È un sollievo de’ mortali,

Che son stanchi di soffrir. (parte)

 

 

 




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