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Pietro Metastasio
Alessandro nell'Indie

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SCENA ULTIMA

 

Preceduti dal coro de’ baccanti, ch’entrano cantrando e danzando nel tempio, e seguìti da guardie, popolo e sacerdoti con faci accese alla mano, s’avanzano Cleofide alla destra del rogo, Alessandro, Erissena e Timagene alla sinistra; e detti celati.

 

CORO

Dagli astri discendi,

O nume giocondo,

Ristoro del mondo,

Compagno d’Amor.

D’un popolo intendi

Le supplici note,

Accese le gote

Di sacro rossor.

CLEOF.

Nell’odorata pira

Si dèstino le fiamme (sacerdoti accendono il rogo)

PORO

(Perfida!)

ALESS.

È dolce sorte unire insieme

E la gloria e l’amor.

PORO

(Più fren non soffre

Già ’l mio furor).

ALESS.

Vieni, o regina. Un nodo

Leghi le destre e i cori. (accostandosele, in atto di darle la mano)

CLEOF.

Ferma: è tempo di morte e non d’amori.

ALESS.

Numi!

PORO

(Che ascolto!) (Poro resta immobile nell’attitudine di scagliarsi)

CLEOF.

Io fui

Consorte a Poro: ei più non vive, e deggio

Su quel rogo morir. Se t’ingannai,

Perdonami, Alessandro: il sacro rito

Non sperai di compir senza ingannarti:

Temei la tua pietà. Questo è il momento,

In cui si adempia il sacrifizio a pieno. (in atto di andare verso il rogo)

ALESS.

Ah! nol deggio soffrir. (volendo arrestarla)

CLEOF.

(impugnando uno stile) Ferma, o mi sveno.

PORO

(Oh amore!)

GAND.

(Oh fedeltà!)

ALESS.

Non esser tanto

Di te stessa nemica.

CLEOF.

Il nome d’impudica,

Vivendo, acquisterei. Passa alle fiamme

Dalle vedove piume

Ogni sposa fra noi. Questo è il costume

Dell’India tutta; ed ogni età lontana

Questa legge osservò.

ALESS.

Legge inumana,

Che bisogno ha di freno,

Che distrugger saprò. (vuole appressarsi a Cleofide)

CLEOF.

(in atto di ferirsi)

Ferma, o mi sveno.

ALESS.

(Risolvermi non oso).

CLEOF.

Ombra del caro sposo,

Ecco della mia fé le prove estreme... (volendo gettarsi nelle fiamme)

PORO

Aspettami, cor mio: morremo insieme. (scoprendosi)

GAND.

(Aimè! Poro si perde).

CLEOF.

Dèi! traveggo? Sei tu?

PORO

No, non travedi:

Il tuo Poro son io.

GAND.

Chi usurpa il nome mio? (scoprendosi)

Non crederlo, Alessandro: io son...

PORO

Tu sei

Il mio caro Gandarte; e non è tempo

Di finger più. Trovai fedel la sposa:

Son paghi i voti miei. Così potessi,

Con la man d’Erissena,

Con parte del mio regno, esserti grato.

ALESS.

Son fuor di me. Come! Tu sei... (a Poro)

PORO

Son io

Il tuo nemico.

ALESS.

E di venire ardisci?...

PORO

A morir con la sposa.

ALESS.

(a Cleofide)

E tu non vuoi?...

CLEOF.

Viver senza di lui.

ALESS.

Gandarte?...

GAND.

Espone

Come è dover, la vita

Per quella del suo re.

ALESS.

Dunque germoglia

Tanta virtù nell’India? Ed io dovrei

Contar tra i fasti miei tanti infelici?

No, nol crediate, amici: un cor capace

Di sì crudel diletto io non mi trovo.

Abbia l’India di nuovo

E pace e libertà; da me riceva

Poro la sposa e la real sua sede;

E, in premio di sua fede,

Su la feconda parte,

Ch’oltre il Gange io domai, regni Gandarte.

CLEOF.

} O Alessandro!

GAND.

ERISS. e TIMAG.

O signor!

ALESS.

Tacete. Omaggi

Altri io non vuo’ da voi che l’odio estinto.

CLEOF.

Or trionfi, Alessandro.

PORO

Or Poro è vinto.

 

TUTTI,

fuor che ALESSANDRO

Serva ad eroe sì grande,

Cura di Giove e prole,

Quanto rimira il sole,

Quanto circonda il mar.

Né lingua adulatrice

Del nome suo felice

Trovi più dolce suono,

Di chi risiede in trono

Il fasto a lusingar.

 

 




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