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Pietro Metastasio
Antigono

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SCENA SECONDA

 

Ismene, poi Demetrio in abito di soldato d’Epiro.

 

ISM.

Or che farò? Se affretto

Agenore all’assalto, è d’Alessandro

Vittima il padre; e, se ubbidir ricuso,

Lo sarà di se stesso. Onde consiglio

In tal dubbio sperar?

DEM.

(senza vedere Ismene) Lode agli dèi!

Ho la metà dell’opra.

ISM.

Ah! dove ardisci,

German...

DEM.

T’accheta, Ismene. In queste spoglie

Un de’ custodi io son creduto.

ISM.

E vuoi...

DEM.

Cambiar veste col padre;

Far ch’ei si salvi, e rimaner per lui.

ISM.

Fermati. Oh generosa,

Ma inutile pietà!

DEM.

Perché? Di questo

Orrido loco al limitare accanto

Ha il suo nascosto ingresso

La sotterranea via, che al mar conduce:

Esca Antigono quindi, e in un momento

Nel suo campo sarà.

ISM.

Racchiuso, oh Dio!

Antigono è colà; né quelle porte

Senza la regia impronta

V’è speranza d’aprir.

DEM.

Che! giunto in vano

Fin qui sarei?

ISM.

Né il più crudele è questo

De’ miei terrori. Antigono ricusa

Furibondo ogni patto; odia la vita,

Ed ha seco un velen.

DEM.

Come! A momenti

Dunque potrebbe... Ah! s’impedisca. Or tempo

È d’assistermi, o numi. (in atto di snudar la spada e partire)

ISM.

Aimè! che speri?

DEM.

Costringere i custodi

Quelle porte ad aprir. (come sopra)

ISM.

T’arresta. Affretti

Così del padre il fato.

DEM.

È ver. Ma intanto,

Se il padre mai... Misero padre! Addio!

Soccorrerlo convien. (risoluto)

ISM.

Ma qual consiglio...

DEM.

Tutto oserò: son disperato e figlio. (parte)

ISM.

Funesto ad Alessandro

Quell’impeto esser può. Che! per l’ingrato

Già palpiti, o cor mio?

Ah, per quanti a tremar nata son io!

 

Che pretendi, Amor tiranno?

A più barbari martìri

Tutti or deggio i miei sospiri;

Non ne resta un sol per te.

Non parlar d’un incostante:

Or son figlia e non amante;

E non merita il mio affanno

Chi pietà non ha di me. (parte)

 

 

 




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