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Pietro Metastasio Artaserse IntraText CT - Lettura del testo |
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Giardino interno nel palazzo del re di Persia, corrispondente a vari appartamenti.
Vista della reggia. Note con luna
Mandane ed Arbace
ARB. |
Addio. |
MAN. |
Sentimi, Arbace. |
ARB. |
Ah che l’aurora, Adorata Mandane, è già vicina; E, se mai noto a Serse Fosse ch’io venni in questa reggia ad onta Del barbaro suo cenno, in mia difesa A me non basterebbe Un trasporto d’amor che mi consiglia; Non basterebbe a te d’essergli figlia. |
MAN. |
Saggio è il timor. Questo real soggiorno Periglioso è per te, ma puoi di Susa Fra le mura restar. Serse ti vuole Esule dalla reggia, Ma non dalla città. Non è perduta Ogni speranza ancor. Sai che Artabano, Il tuo gran genitore, Regola a voglia sua di Serse il core: Che a lui di penetrar sempre è permesso Ogn’interno recesso Dell’albergo real: che ’l mio germano Artaserse si vanta Dell’amicizia tua. Cresceste insieme Di fama e di virtù. Voi sempre uniti Vide la Persia alle più dubbie imprese; E l’un dall’altro ad emularsi apprese. Ti ammirano le schiere, Il popolo t’adora, e nel tuo braccio Il più saldo riparo aspetta il regno: Avrai fra tanti amici alcun sostegno. |
ARB. |
Vorrà giovarmi in vano. Ove si tratta La difesa d’Arbace, egli è sospetto Non men del padre mio: qualunque scusa Rende dubbiosa alla credenza altrui Nel padre il sangue e l’amicizia in lui. L’altra turba incostante Manca de’ falsi amici, allor che manca Il favor del monarca. Oh, quanti sguardi, Che mirai rispettosi, or soffro alteri! Onde che vuoi ch’io speri? Il mio soggiorno Serve a te di periglio, a me di pena: A te, perché di Serse I sospetti fomenta; a me, che deggio Vicino a’ tuoi bei rai Trovarmi sempre e non vederti mai. Giacché il nascer vassallo Colpevole mi fa, voglio, ben mio, Voglio morire o meritarti. Addio. (in atto di partire) |
MAN. |
Crudel! come hai costanza Di lasciarmi così? |
ARB. |
Non sono, o cara, Il crudel non son io. Serse è il tiranno; L’ingiusto è il padre tuo. |
MAN. |
Di qualche scusa Egli è degno però, quando ti niega Le richieste mie nozze. Il grado... Il mondo... La distanza fra noi... Chi sa che a forza Non simuli fierezza, e che in segreto Pietoso il genitore Forse non disapprovi il suo rigore? |
ARB. |
Potea senza oltraggiarmi Negarti a me; ma non dovea da lui Discacciarmi così, come s’io fossi Un rifiuto del volgo, e dirmi vile, Temerario chiamarmi. Ah principessa, Questo disprezzo io sento Nel più vivo del cor. Se gli avi miei Non distinse un diadema, in fronte almeno Lo sostennero a’ suoi. Se in queste vene Non scorre un regio sangue, ebbi valore Di serbarlo al suo figlio. I suoi produca, Non i merti degli avi. Il nascer grande È caso e non virtù; ché, se ragione Regolasse i natali e desse i regni Solo a colui ch’è di regnar capace, Forse Arbace era Serse, e Serse Arbace. |
MAN. |
Con più rispetto, in faccia a chi t’adora, Parla del genitor. |
ARB. |
Ma quando soffro Un’ingiuria sì grande, e che m’è tolta La libertà d’un innocente affetto, Se non fo che lagnarmi, ho gran rispetto. |
MAN. |
Perdonami: io comincio A dubitar dell’amor tuo. Tant’ira Mi desta a meraviglia. Non spero che ’l tuo core, Odiando il genitore, ami la figlia. |
ARB. |
Ma quest’odio, o Mandane, È argomento d’amor. Troppo mi sdegno, Perché troppo t’adoro, e perché penso Che, costretto a lasciarti, Forse mai più ti rivedrò; che questa Fors’è l’ultima volta... Oh Dio, tu piangi! Ah, non pianger, ben mio. Senza quel pianto Son debole abbastanza. In questo caso Io ti voglio crudel. Soffri ch’io parta: La crudeltà del genitore imìta. (in atto di partire) |
MAN. |
Ferma, aspetta. Ah! mia vita, Io non ho cor che basti A vedermi lasciar: partir vogl’io. Addio, mio ben. |
ARB. |
Mia principessa, addio.
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MAN. |
Conservati fedele; Pensa ch’io resto e peno, E qualche volta almeno Ricordati di me: Ch’io per virtù d’amore Parlando col mio core, Ragionerò con te. (parte) |