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Pietro Metastasio Artaserse IntraText CT - Lettura del testo |
SCENA TERZA
Artabano con séguito di congiurati, poi Megabise, tutti da’ cancelli,
a guardia de’ quali restano i congiurati.
ARTAB. |
Figlio, Arbace, ove sei? Dovrebbe pure Ascoltar le mie voci. Arbace? Oh stelle! Dove mai si celò? Compagni, intanto Ch’io ritrovo il mio figlio, Custodite l’ingresso. (entra fra le scene a mano destra) |
MEG. |
E ancor si tarda? (ai congiurati) Ormai tempo saria... Ma qui non vedo Né Artabano né Arbace. Che si fa? che si pensa? In tanta impresa Che lentezza è mai questa? Artabano! Signore! (entrando fra le scene a mano sinistra) |
ARTAB. |
Oh me perduto! (uscendo dall’istesso lato pel quale entrò, ma dà strada diversa) Non trovo il figlio mio. Gelar mi sento. Temo... Dubito... Ascoso... Forse in quest’altra parte io non in vano... Megabise! (incontrandosi in Megabise, che esce dall’istesso lato pel quale entrò, ma da strada diversa) |
MEG. |
Artabano! |
ARTAB. |
Trovasti Arbace? |
MEG. |
E non è teco? |
ARTAB. |
Oh dèi! Crescono i dubbi miei. |
MEG. |
Spiegati, parla: Che fu d’Arbace? |
ARTAB. |
E chi può dirlo? Ondeggio Fra mille affanni e mille Orribili sospetti. Il mio timore Quante funeste idee forma e descrive! Chi sa che fu di lui! Chi sa se vive! |
MEG. |
Troppo presto all’estremo Precipiti i sospetti. E non potrebbe Artaserse, Mandane, amico, amante, Aver del prigioniero Procurata la fuga? Ecco la via Che alla reggia conduce. |
ARTAB. |
E per qual fine La sua fuga celarmi? Ah! Megabise, No, più non vive Arbace; E ognun pietoso al genitor lo tace. |
MEG. |
Cessin gli dèi l’augurio! Ah! ricomponi I tumulti del cor. Sia la tua mente Men torbida e più pronta, Ché l’impresa il richiede. |
ARTAB. |
E quale impresa Vuoi ch’io pensi a compir, perduto il figlio? |
MEG. |
Signor, che dici? Avrem sedotti in vano, Tu i reali custodi, ed io le schiere? Risolviti: a momenti Va del regno le leggi Artaserse a giurar. La sacra tazza Già per tuo cenno avvelenai. Vogliamo Perder così vilmente Tanto sudor, cure sì grandi? |
ARTAB. |
Amico, Se Arbace io non ritrovo, Per chi deggio affannarmi? Era il mio figlio La tenerezza mia. Per dargli un regno Divenni traditor. Per lui mi resi Orribile a me stesso; e, lui perduto, Tutto dispero e tutto Veggio de’ falli miei rapirmi il frutto. |
MEG. |
Arbace, estinto o vivo, Dalla tua mano aspetta Il regno o la vendetta. |
ARTAB. |
Ah! Questa sola In vita mi trattien. Sì, Megabise: Guidami dove vuoi; di te mi fido. |
MEG. |
Fidati pur, ché a trionfar ti guido.
Ardito ti renda, T’accenda di sdegno D’un figlio il periglio, D’un regno l’amor. È dolce ad un’alma, Che aspetta vendetta, Il perder la calma Fra l’ire del cor. (parte) |